Giorgio Almirante
Giorgio
Almirante nasce a Salsomaggiore, in provincia di Parma, il 27 giugno
1914. Il padre, attore, direttore di scena di Eleonora Duse e di Ruggero
Ruggeri e poi regista del cinema muto, apparteneva ad una famiglia di
attori e di patrioti, con ascendenti appartenenti all'alta nobiltà di
Napoli. Il piccolo Giorgio visse quindi i suoi primi anni seguendo la
famiglia da una città all'altra, fino a che gli Almirante si stabilirono
a Torino, dove intraprese studi regolari. Successivamente, si trasferì
con la famiglia a Roma, dove si iscrisse all'università nella Facoltà di
Lettere. Parallelamente agli studi, intraprese la carriera di cronista
praticante presso "Il Tevere", quotidiano fascista diretto all'epoca da
Telesio Interlandi. Vi rimase fino al luglio 1943, ormai trentenne.
Conseguita la laurea in lettere e l'abilitazione all'insegnamento di
materie classiche, dopo sei anni di praticantato gratuito, viene
nominato da Interlandi caporedattore e, poco dopo, anche segretario di
redazione della nuova rivista "La Difesa della razza", inizialmente
diretta dallo steso Interlandi. Cresciuto dunque in piena epoca
fascista, come gran parte dei suoi coetanei militò nelle organizzazioni
giovanili fasciste, ma durante il regime non andò oltre la carica di
fiduciario del GUF della facoltà di lettere dell'università di Roma.
Quasi cinquant'anni dopo, avrebbe ammesso di essere stato allora
razzista e antisemita in buona fede e per motivi politici (come molti
giornalisti italiani poi passati all'antifascismo); la collaborazione
alla "Difesa della razza" fu, di tutta la sua vita, l'unica esperienza
che sconfessò, completamente, pur conservando un ottimo ricordo di
Interlandi. Inoltre, è noto che Almirante, durante il periodo della
Repubblica di Salò, salvò dalla deportazione in Germania un suo amico
ebreo e la famiglia di questo, nascondendoli nella foresteria del
ministero della Cultura popolare a Salò. Intanto, scoppia la seconda
guerra mondiale, evento che vedrà Almirante coinvolto anima e corpo.
Infatti, essendo stato richiamato alle armi come sottotenente di
complemento di fanteria, viene mandato in Sardegna a comandare un
plotone di guardia alla costa, un compito non certo esaltante.
Almirante, invece, desiderava partecipare attivamente alle operazioni di
guerra; si offrì dunque volontario per il fronte dell'Africa
settentrionale, e a tal fine si fece nominare corrispondente di guerra.
Raggiunse Bengasi alla fine dello stesso mese di giugno dove visse le
alterne fasi della guerra fino a tutto il 1941, ottenendo la croce di
guerra al valor militare. Tornato poi a Roma, riprese il suo posto di
caporedattore de "Il Tevere". La mattina del 26 luglio 1943, però,
Mussolini cade. Come politico sembra ormai del tutto finito. Numerose
sono le defezioni fra i fascisti, molti dei quali passano
improvvisamente al fronte democratico, comportamento che invece
Almirante rifiuta. Rimane dunque improvvisamente solo: anche il suo ex
direttore, Interlandi, viene arrestato come "fascista pericoloso".
Ai
primi di agosto Almirante risponde ad una nuova chiamata alle armi,
come tenente, presentandosi a Frosinone presso il suo vecchio reggimento
di prima nomina. La viene sorpreso, l'8 settembre, dalla notizia
dell'armistizio; il giorno dopo, trovandosi a comandare provvisoriamente
una compagnia distaccata, viene abbandonato da superiori e sottoposti e
preso dai tedeschi, dai quali ottiene però di arrendersi con l'onore
delle armi e di essere lasciato libero; raggiunge allora il colonnello
comandante dell'ormai dissolto reggimento e, una volta ottenuta una
formale licenza, torna Roma a piedi. Dopo il discorso di Mussolini alla
radio di Monaco che invitava ad un ricompattamento dei fascisti e quello
del maresciallo Graziani al teatro Adriano di Roma, compie la sua
scelta di campo: si arruola nella costituenda Guardia Nazionale
Repubblicana con il grado di capomanipolo. Dopo pochi giorni di lavoro a
Venezia, Almirante passa alla sede di Salò dove svolge varie mansioni:
prima Capo di Gabinetto del Ministro della Cultura Popolare poi
Attendente di Mussolini. La sua attività di funzionario ministeriale
viene interrotta tra il novembre 1944 e il gennaio 1945 dalla sua
partecipazione, come tenente comandante del reparto del Ministero della
Cultura Popolare nella Brigata Nera Autonoma Ministeriale, alla campagna
antipartigiana di Val d'Ossola, durante la quale però egli e i suoi
uomini non hanno mai occasione di partecipare ai combattimenti. Il 25
aprile 1945 Almirante, che aveva seguito Mussolini e il ministro
Mezzasoma a Milano, entra in clandestinità, a causa delle rovinosa
caduta del fascismo. Rimane in questa condizione per più di
un anno e mezzo. Uscito dalla clandestinità nel settembre 1946, si reca a
Roma e da lì intraprende un'intensa attività politica, partecipando
alla fondazione di un gruppo di reduci fascisti repubblicani, il
"Movimento Italiano di Unita Sociale" (MIUS). Il 26 dicembre 1946,
invece, Almirante partecipa alla riunione costitutiva del "Movimento
Sociale Italiano" (MSI), che si svolge a Roma nello studio
dell'assicuratore Arturo Michelini. Contrariamente a quanto si crede,
infatti, Almirante non è stato da subito segretario del MSI, compito che
per diversi anni toccò a Nichelini. Nel 1948 Almirante conduce, per le
elezioni politiche del 18 aprile, una durissima campagna elettorale; il
MSI ottenne il 2 per cento dei voti ed entrò in Parlamento con sei
deputati, tra i quali lo stesso Almirante, e un senatore. Almirante in
quella prima fase rappresentava la continuità ideale con il fascismo
repubblicano. Fu confermato segretario del MSI dopo i primi due
congressi nazionali del partito (Napoli, giugno 1948; Roma,
giugno-luglio 1949).
Nel
corso delle successive legislature della Repubblica Almirante si
distinse in battaglie ostruzionistiche in Parlamento come quella contro
l'attuazione dell'ordinamento regionale dello Stato. Altre battaglie lo
vedono protagonista, come ad esempio quella contro la legge Scelba sul
divieto della ricostituzione del Partito fascista o contro la riforma
elettorale maggioritaria di De Gasperi, in difesa dell'italianità di
Trieste e dell'Alto Adige, contro la nazionalizzazione dell'energia
elettrica e contro la riforma della scuola media.
Nel
1969 muore Michelini e, di fronte al problema della successione alla
guida di un partito in grave crisi, (nelle elezioni politiche del 1968
era sceso al 4,5 per cento dei voti, suo minimo storico ad eccezione del
risultato del 1948), il gruppo dirigente del MSI elegge Almirante
segretario nazionale all'unanimità.
La
segreteria Almirante mira fin dall'inizio all'unita delle destre,
trattando a tal fine con i monarchici e con gli indipendenti di
centro-destra. Nelle elezioni regionali del 7 giugno 1970 il MSI ebbe
una discreta ripresa, anche grazie al lancio di alcune parole d'ordine
da parte del segretario: "alternativa al sistema", "destra nazionale" e
cosi via. Inoltre, forte presa sull'elettorato ebbe l'idea della
formazione di un "Fronte articolato anticomunista" con altre forze
politiche, agglomerato che poi di fatto costituì la Destra Nazionale. Il
risultato di questa operazione di maquillage porta il partito ad ottimi
risultati nelle elezioni regionali siciliane e amministrative del 13
giugno 1971: il 16,3 per cento dei voti in Sicilia e il 16,2 per cento a
Roma.
Il
28 giugno 1972 la Procura della Repubblica di Milano chiede alla Camera
l'autorizzazione a procedere contro il segretario nazionale del MSI per
il reato di ricostituzione del disciolto Partito fascista,
autorizzazione concessa con 484 voti contro 60; ma l'inchiesta sulla
presunta ricostituzione del PNF, trasferita alla Procura della
Repubblica di Roma non fu mai portata a termine. Nel 1975-76 Almirante
prova a rilanciare il suo partito con un'iniziativa che doveva
rappresentare una nuova fase dell'operazione Destra Nazionale: la
"Costituente di destra per la libertà", organizzazione esterna e
alleata, fondata il 22 novembre 1975. Ma nelle elezioni politiche del 20
giugno si consuma la scissione dall'organizzazione giovanile del
partito, il Fronte della Gioventù. Almirante commissaria questa
organizzazione, e il 7 giugno 1977 nomina egli stesso il nuovo
segretario del Fronte nella persona di Gianfranco Fini, allora
venticinquenne, che già si era guadagnato la sua fiducia.
Le
elezioni regionali e amministrative del 1978 danno però risultati
negativi al MSI-DN. Nel corso della campagna elettorale, fra l'altro, un
esponente di Democrazia Nazionale lo aveva accusato di favoreggiamento
personale nei confronti di un presunto responsabile della strage di
Peteano (avvenuta nel 1972); l'accusa, pur smentita dal senatore di
Democrazia Nazionale sulle cui confidenze avrebbe dovuto basarsi, portò
ad una lunga inchiesta, al cui termine Almirante fu rinviato a giudizio
con altri, ma amnistiato prima dell'inizio del processo. Questo fu
l'unico coinvolgimento di Almirante in un'inchiesta su fatti di
terrorismo; in un altro caso egli, avendo avuto notizia nel luglio 1974
dei preparativi di un attentato ad un obiettivo ferroviario, ne informo
subito le autorità.
Iniziata
la IX legislatura, diviene presidente del Consiglio Bettino Craxi, che
sembrava intenzionato a "sdoganare" il MSI-DN. Ma il partito di
Almirante rimase sostanzialmente isolato a destra; e se in un'importante
occasione sostenne di fatto il governo Craxi, permettendo nel febbraio
1985 la conversione in legge del cosiddetto secondo decreto Berlusconi,
lo fece per una convergenza di interessi con alcune forze della
maggioranza (contro il monopolio televisivo di Stato).
Nel
luglio 1984 Almirante annuncia la propria intenzione di lasciare la
segreteria per ragioni di salute entro la fine dell'anno, in occasione
del prossimo congresso nazionale. Ma il partito gli chiede quasi
all'unanimità di recedere da tale proposito. L'anziano leader acconsente
a rimanere in carica ancora per un biennio. Il XIV congresso nazionale
del MSI-DN (Roma, novembre-dicembre 1984) lo rielegge segretario per
acclamazione, ignorando la contrapposta candidatura di Tomaso Staiti.
Con queste assise inizia la fase finale della seconda segreteria
Almirante, in cui tutte le cariche principali furono affidate ad uomini
della vecchia guardia e di tutte le correnti. Almirante, poi, assunse
personalmente la carica di direttore politico del Secolo d'Italia.
Il
12 maggio 1985 il MSI-DN ottenne nelle elezioni regionali il 6,5 per
cento dei voti (suo massimo storico in questo genere di consultazioni) e
riportò a Bolzano, nelle elezioni comunali, l'ultimo clamoroso successo
del periodo almirantiano, divenendo il primo partito del capoluogo di
quella provincia la cui italianità era sempre stata difesa dai missini.
Un altro buon risultato il MSI-DN ottenne nelle elezioni regionali
siciliane del giugno 1986. Nell'agosto dello stesso anno il segretario
missino, colto da malore, dovette essere ricoverato nella clinica romana
di Villa del Rosario.
Nelle
elezioni politiche del 14 giugno 1987, in occasione delle quali
Almirante condusse la sua ultima campagna elettorale, il MSI-DN scese al
5,9 per cento dei voti, 35 seggi alla Camera e 16 seggi al Senato: un
insuccesso che concludeva un periodo di quattro anni assai positivo,
anche se i risultati particolareggiati confermavano il radicamento del
partito in ogni parte d'Italia. Il 6 settembre successivo, in occasione
della festa Tricolore di Mirabello (Ferrara), Almirante presentò
ufficiosamente come proprio "delfino" il trentacinquenne Gianfranco
Fini, il più giovane deputato del MSI-DN. Almirante teneva moltissimo a
che il suo successore fosse un suo uomo di fiducia; ma il designato
avrebbe potuto essere anche della sua stessa generazione, e in questo
caso sarebbe stato probabilmente il vicesegretario vicario Servello.
L'imprevista scelta in favore di Fini fu da molti considerata, in quei
mesi, un mero stratagemma di Almirante per continuare a dirigere il
partito, in qualità di presidente, dopo avere lasciato la segreteria;
sette anni dopo, invece, tale scelta si sarebbe rivelata
retrospettivamente una delle più felici del fondatore della Destra
Nazionale, avendo liberato il MSI-DN dall'ipoteca di un gruppo dirigente
troppo anziano e dunque troppo legato al passato per poter mai uscire
dal ghetto politico della destra radicale.
Per
ovvie ragioni la maggioranza dei vecchi notabili missini accolse con
freddezza o aperta ostilità la candidatura di Fini, che incontrava
invece il favore di vari notabili della generazione successiva. Nella
fase precongressuale il partito fu lacerato dalle più dure polemiche
dell'ultimo decennio, polemiche che non risparmiavano il segretario
uscente.
Ad
ogni modo, Almirante fu eletto presidente del partito il 24 gennaio
1988, per acclamazione, dalla maggioranza del nuovo comitato centrale,
incarico che mantenne per soli quattro mesi, gli ultimi della sua vita.
Il 22 maggio 1988, dopo mesi di sofferenze e di ricoveri Giorgio
Almirante si spegne nella clinica di Villa del Rosario. Fini onorò il
suo predecessore e maestro dicendo di lui ...."un grande
Italiano"...."il leader della generazione che non si è arresa".
dal sito fondazione GiorgioAlmirante
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