Passa ai contenuti principali
Il mio appello a tutte le destre (e non solo) di Marcello Veneziani
Rivolgo questo appello esplicitamente, anche se non esclusivamente, a
chi proviene da destra. Un appello personale, di cui mi assumo intera la
responsabilità, non concordato con nessuno. Mi rivolgo a chi proviene
da Alleanza nazionale, dal vecchio Msi, dalle esperienze varie e anche
non politiche di destra nazionale, sociale e i non allineati. E mi
rivolgo apertamente e direttamente a chi attualmente esprime su
posizioni diverse il desiderio di ricominciare daccapo. Dico dunque alla
componente destra del Popolo delle Libertà, dico alla Destra di
Storace, dico a Futuro e Libertà, dico alla galassia di nascenti
movimenti, come gli azzeratori di Giorgia Meloni, i patrioti di Elena
Donazzan, il Fuori di Galeazzo Bignami, RinascItalia di Elisabetta
Foschi, e tutti coloro che in questo momento stanno dando vita a
esperimenti, incontri, tentativi di ripartire. Senza escludere la
galassia giovanile dispersa o ritrovatasi in comunità e circoli, case e
movimenti. Infine considero chi, come me, viene dalla destra sfusa,
pensa da anni in libertà e in solitudine, o non è impegnato in nessuna
realtà vagamente politica. È ora di ricostruire un soggetto civile,
prima che politico e culturale. È ora che si torni ad Itaca, come scrive
in un appello che sottoscrivo, Renato Besana. È ora che si tenti, dico
almeno si tenti, di ritrovare un motivo comune per rilanciare
l’iniziativa politica. Accogliamo come dato di fatto il disarmo
bilaterale: Berlusconi e Fini costituiscono inevitabilmente un ciclo
concluso. La loro parabola di leader è finita, differiscono i nostri
giudizi su di loro, ma non possono essere più motivo di unione né di
divisione. Si deve fare un passo oltre. Si chiede un passo indietro
anche a coloro che hanno rappresentato in questi vent’anni la destra e
si selezionino giovani, donne e outsider per costituire il nucleo
costituente. Non volevamo morire democristiani, ma non ci piace nemmeno
finire grillini o montezemoliani. Si può agire all’interno del quadro
bipolare, dunque collocandosi sul versante alternativo alla sinistra, ma
occorre recuperare una propria linea d’azione e di pensiero. Anche
perché nel paese esiste, come dimostra la nostra storia e il presente
nel resto d’Europa, un’area che oscilla tra il dieci e il venti per
cento, che aspetta un discorso serio di rinascita italiana. La Lega è
ormai semidistrutta, il Pdl è dimezzato nei consensi e spappolato nelle
sue interne spinte centrifughe, Futuro e Libertà vive con disagio
all’ombra di Casini che peraltro gioca in autonomia e dichiara concluso
il Terzo polo. Sintetizzando in una boutade sostengo che il Pdl, per
accrescere l’offerta politica, deve spacchettarsi in P, D e L, ovvero
Popolari, Destra e Liberali. C’è un potenziale bacino di consensi per
chi con tempismo e attraverso volti e temi giusti riesce a interpretare
il disagio presente, la voglia di futuro ma anche la memoria storica.
Come mi è capitato di dire e di scrivere, è il momento giusto, per far
nascere un’Altra Storia. Un movimento rigoroso e forte, duttile ai
fianchi ma duro al centro, onesto e animato da passione civile, etica e
ideale, un amor patrio di quelli che non odorano di stucco e rimmel ma
vero e severo, che fa tornare il gusto della politica. Stavolta non si
lascia il monopolio dell’etica alla retorica partigiana della sinistra,
non si lascia l’esclusiva della sobrietà ai tecnici, non si lascia ai
giudici stabilire l’onestà, non si lascia la rabbia popolare ai
grillini. Si fa sul serio. Si chiamano i migliori, si usano i tecnici
per raddrizzar la barca ma senza dar loro il comando: devono
risponderne, e non alle banche o ai poteri esteri ma alla politica e al
popolo italiano. Il primo atto è la selezione, la cerca dei dieci, e dai
dieci dei cento e dai cento dei mille, per costituire una nuova élite,
con fresche energie, scegliendo il meglio che c’è nel paese; il minimo
indispensabile tra chi c’era prima, gli altri a casa o in fila senza
priorità d’imbarco. E poi un programma essenziale e popolare in una
decina di punti per rilanciare su basi effettive una nuova rivoluzione
conservatrice italiana, conservatrice sul piano dei principi e dei beni,
rivoluzionaria sul piano delle innovazioni pubbliche e sociali.
L’alternativa è fingere che nulla sia accaduto, accodarsi ai vecchi
capi, assistere inermi alla scomparsa, affondare indecorosamente per non
osare. C’è un’estate intera per fondare il nuovo o finire nel nulla.
Chi mi legge sa quanto sia lontano ormai da anni, dalla politica; ma,
senza mutare indirizzo e soprattutto indole, è tempo di innescare un
movimento vitale come quello che sorse, giusto vent’anni fa, con
L’Italia settimanale, che fu battistrada di molti eventi e coalizioni.
Deponete i rancori, incontratevi, cercate la linea comune. Da soli non
ce la fate, andrete al rimorchio se non al guinzaglio o finite fuori dal
gioco. Abbiate il coraggio di sacrificare qualcosa e qualcuno per far
nascere un vero soggetto politico, in grado di splendere da solo e di
allearsi ma in funzione trainante e non passiva, capace di egemonizzare e
non di accodarsi. Lo dico per l’Italia, per noi e per chi ha nostalgia
del futuro.
Bello sentire ancora queste parole, così ben dette. :)
RispondiEliminaSiamo con voi!!!
RispondiEliminaVeneziani rimani a destra ti saluto romanamente e cordialmente cesare.
RispondiElimina