Marcello De Angelis ha ragione: non basta la parola destra per fare la
destra. Non ha torto, però, chi opina che l’accelerazione impressa da
Berlusconi al progetto dello spacchettamento del Pdl e del ritorno a
Forza Italia, al suo simbolo, al suo logo e, presumibilmente, al suo
inno, pone a quanti provengono da quel mondo diffuso e confuso
etichettato come destra un problema, se non altro, di coscienza.
Due eserciti possono allearsi e combattere ciascuno sotto la propria bandiera. Possono decidere di fondersi in un solo esercito con una nuova bandiera. È, invece, molto difficile che i soldati di quello disciolto decidano di arruolarsi sotto le insegne dell’altro che nel frattempo si è ricostituito. Non è solo un discorso di etichette, semmai di simboli e i simboli non sono acqua fresca, ma storia, identità, forza evocativa, capacità di mobilitazione.
È quindi del tutto legittimo che una parte di quei soldati dispersi voglia ora riappropriarsi dell’antica bandiera per sventolarla in future battaglie. Metafore a parte, nessuno vuol fare capriole all’indietro. Come ha ricordato il nostro direttore, il vaso è rotto e rimetterne insieme i cocci è impresa impossibile. Ma non lo è affatto rianimare un mondo che da troppo tempo vive, combatte e muore per conto terzi. È tempo di restituirgli una prospettiva senza tentare voli pindarici o sintesi impossibili, ma semplicemente attingendo dall’inesauribile serbatoio della cultura nazionale rimasto a lungo inutilizzato anche per timidezza politica della destra di governo.
Sovranità dello stato e del popolo, unità e identità della nazione non sono vuoti concetti da mandare giù come una pillola, ma precisi obiettivi politici da perseguire per affrontare con qualche possibilità di successo un’epoca contrassegnata da tumultuose trasformazioni e piegata da una crisi economica e sociale che non ha precedenti. Ed è proprio la profondità e l’ampiezza del baratro sul quale siamo nostro malgrado affacciati a imporci di eliminare dal nostro orizzonte l’apertura di contenziosi o la coltivazione di rivalità su sigle e simboli. La politica, anzi le politiche richiedono contenuti, tesi, valori. Ed è da lì che occorre ripartire. Bastassero le etichette, la politica si ridurrebbe a marketing. Ma, per fortuna (o purtroppo), non è così. E chi è nato a destra lo sa.
di Mario Landolfi, da Il Secolo d'Italia
Due eserciti possono allearsi e combattere ciascuno sotto la propria bandiera. Possono decidere di fondersi in un solo esercito con una nuova bandiera. È, invece, molto difficile che i soldati di quello disciolto decidano di arruolarsi sotto le insegne dell’altro che nel frattempo si è ricostituito. Non è solo un discorso di etichette, semmai di simboli e i simboli non sono acqua fresca, ma storia, identità, forza evocativa, capacità di mobilitazione.
È quindi del tutto legittimo che una parte di quei soldati dispersi voglia ora riappropriarsi dell’antica bandiera per sventolarla in future battaglie. Metafore a parte, nessuno vuol fare capriole all’indietro. Come ha ricordato il nostro direttore, il vaso è rotto e rimetterne insieme i cocci è impresa impossibile. Ma non lo è affatto rianimare un mondo che da troppo tempo vive, combatte e muore per conto terzi. È tempo di restituirgli una prospettiva senza tentare voli pindarici o sintesi impossibili, ma semplicemente attingendo dall’inesauribile serbatoio della cultura nazionale rimasto a lungo inutilizzato anche per timidezza politica della destra di governo.
Sovranità dello stato e del popolo, unità e identità della nazione non sono vuoti concetti da mandare giù come una pillola, ma precisi obiettivi politici da perseguire per affrontare con qualche possibilità di successo un’epoca contrassegnata da tumultuose trasformazioni e piegata da una crisi economica e sociale che non ha precedenti. Ed è proprio la profondità e l’ampiezza del baratro sul quale siamo nostro malgrado affacciati a imporci di eliminare dal nostro orizzonte l’apertura di contenziosi o la coltivazione di rivalità su sigle e simboli. La politica, anzi le politiche richiedono contenuti, tesi, valori. Ed è da lì che occorre ripartire. Bastassero le etichette, la politica si ridurrebbe a marketing. Ma, per fortuna (o purtroppo), non è così. E chi è nato a destra lo sa.
di Mario Landolfi, da Il Secolo d'Italia
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