Meloni al Messaggero: Il Pdl ha disorientato gli elettori. Silvio non basta se dietro non c’è niente
“La storia non si fa con i se, però con le primarie pure a Roma poteva finire in maniera diversa”
L’intervista di Ettore Colombo, Il Messaggero, 12 giugno 2013
Mai così male il centrodestra a Roma. Perché, onorevole Meloni? «Il
dato di Roma non si può svincolare dal dato nazionale, dove è la
disaffezione dalla politica a farla da padrone. Una disaffezione figlia
dell’immobilismo post-voto, del balletto indegno sul Quirinale, del
governo delle larghe intese con le sue prime risposte fumose e
demagogiche, distanti dalla gente. E l’assenza di coerenza dei partiti,
di tuffi i partiti, non aiuta».
A chi si riferisce? «A
Fabrizio Cicchitto che, proprio sul Messaggero, cita tra le presunte
cause della sconfitta di Roma il fatto che Fratelli d’Italia starebbe
con un piede dentro e l’altro fuori la coalizione. A Cicchitto dico che
noi stiamo sempre dalla stessa parte e combattiamo sempre la sinistra,
sul piano locale come su quello nazionale. Il problema è del Pdl che sul
piano locale chiede i voti contro la sinistra e su quello nazionale ci
fa il governo insieme. E vorrei ricordare che Fratelli d’Italia è tra i
pochi partiti a guadagnare consensi rispetto alle politiche, ed è anche
l’unico partito che cresce in numeri assoluti e di quasi 20 mila voti».
Berlusconi è un handicap o si vince solo con lui? «Il
vizio originario del centrodestra sta proprio nel credere che
Berlusconi sia sufficiente a tutto e che il suo grande consenso basti
per risolvere tutti i problemi. Anche quando abbiamo governato, ritenere
che bastasse un uomo forte e solo al comando e non vi fosse necessità
di costruire un movimento forte, sano, umile e pieno di persone amate
dai cittadini è stato un errore».
Torniamo alla sconfitta di Alemanno. Quali le sue colpe? «Alemanno
paga tante cose: gli anni non facili in cui è stato sindaco, la pesante
eredità del passato, la richiesta di discontinuità verso una classe
dirigente screditata a livello nazionale e locale e anche errori suoi
personali, quelli che oggi ammette, un po’ tardi. Ma viva la faccia che
se li sia intestati. In passato è stato fatale minimizzarli. Tra questi,
l’errore di sovrapporre in campagna elettorale la sua immagine di
candidato a quella di sindaco con la fascia tricolore».
Persino Marino dice: se il centrodestra avesse fatto le primarie e le avesse vinte la Meloni…
«La storia non si fa con i se. Le primarie le ho rivendicate mille
volte, fino allo sfinimento, e a tutti i livelli. Se vi fosse stata
l’umiltà di fare le primarie e Alemanno si fosse messo in quel percorso,
magari vincendole, la mobilitazione e la partecipazione sarebbero state
diverse. I cittadini si sarebbero appassionati di più e ci sarebbero
stata meno astensione, soprattutto a destra».
La crisi della destra è irreversibile? «E’
finita un’ epoca, è vero, ma non una storia. Le idee non muoiono. La
classe dirigente della destra italiana ha fatto il suo tempo e commesso
tanti errori. Il più grande è stato cercare di salvare se stessa e non
quello che rappresentava. La Russa, per dire, un errore simile non lo ha
commesso. Le idee di destra, però, restano e una destra ci sarà sempre.
Il nostro compito è darle visibilità, dignità, forza».
Il centrodestra è in crisi ovunque. Come ripartire? «Dal
territorio, dagli amministratori, dai giovani. E poi, il nostro blocco
sociale non si sente più rappresentato, ma non è scomparso, anche se
culturalmente è meno irreggimentato di quello della sinistra. Serve una
robusta dose di concretezza sulle proposte e coerenza con le proprie
idee. Basta con gli slogan e con la retorica».
Resterete alleati del Pdl anche in futuro? «Credo
nel bipolarismo e nel sistema dell’alternanza, non voglio tornare alla I
Repubblica e non mi piace questo governo centrista che taglia le ali
per governare. Voglio rilanciare un’alleanza di centrodestra ma con idee
chiare, primarie per definire la leadership a tutti i livelli, anche
nazionale, preferenze per scegliere i parlamentari e capacità di
guardare al futuro perché lì si gioca la sfida».
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