La storia di quella parte politica italiana sparisce quando - come oggi - diventa la spazzatura di tutti i populismi.
La destra non è di destra. Un poveretto come Magdi Allam non c’entra nulla con un Sergio Romano. La destra è l’esito politico di un’aristocrazia. La destra, infatti, se vale il marchio di Platone e della sua Repubblica – se fanno testo Giovanni Gentile e Augusto Del Noce – è la costruzione di una città volta alle virtù e non ai rutti da Bar Sport. La destra è “La lettera agli italiani” di Marcello Veneziani, e non il riflesso condizionato sulla scodella americana. Se solo gli americani decidessero di tornare al nemico “muso giallo”, sia esso giapponese o cinese, dalla ridotta delle destre di periferie si troverebbe il modo di dimenticare nel cesso Yukio Mishima e far di Confucio, al pari di Maometto, il padre di tutti i terrorismi.
La destra non è destra quando – nella pesca delle occasioni, come oggi – diventa la spazzatura di tutti i populismi. Mettete a confronto, appunto, l’ambasciatore Romano, le cui note sul Corriere della Sera irritano non poco gli sceriffi guerrafondai e la pubblicistica prodotta dall’agit prop occidentalista il cui assunto è il sillogismo: tutti i terroristi sono musulmani, i musulmani, dunque, sono terroristi. Un ragionamento da cucina elettorale: gli immigrati sono musulmani, ergo, sono tutti da prendere a calci in culo.
E’ ridotta a una pinta di vino marcio, la destra, se abbandonando l’aretè per il populismo si ferma agli slogan dell’isteria più che a Oswald Spengler. C’è da disperarsi se Guillaume Faye, protagonista con Alain De Benoist della Nouvelle Droite, vede nelle migrazioni “l’avanguardia dell’invasione”, una sorta di colonizzazione dell’Europa e non – come ne Il Tramonto dell’Occidente – lo smottamento di faglie terrestri con le masse umane in luogo delle voragini dove la luce che va a spegnersi di una civiltà va ad accendersi in un’altra. “L’avevo detto: l’islam uccide l’Occidente”. Questo è il titolo dell’intervista al filosofo fatta da Francesco Borgonovo e Mauro Zanon su Libero. Faye parla di “deculturazione” dell’Europa ma se c’è – e c’è stata – la deculturazione è stata messa in opera dai neo-con di George W. Bush e non certo dalla spiritualità d’oriente. Sia essa musulmana, indù o cristiana ortodossa.
La destra che non è più di destra è solo un pascolo di umori. Quando Gianluca Casseri, nel dicembre del 2011, perso nel delirio, uccide a Firenze due senegalesi per poi spararsi lui stesso, non mette in pratica Julius Evola – per come stabilì l’establishment giornalistico, bollandolo come estremista di destra – ma esaudisce a un urto tutto inedito e tutto becero fatto di fallacismi digeriti male: “Pisciavano sul Battistero, i negri”. La destra non è più di destra perché ha rinunciato alla formazione di una élite. Non ha un blocco sociale cui destinare il proprio progetto, la destra. La destra che c’è, è quella che più piace alla sinistra, è una caricatura.
Si esercita nel ripudio di sé, la destra, altrimenti, oggi, ricomincerebbe dal Secolo d’Italia e la prima pagina firmata da Giano Accame. C’è la fotografia a nove colonne del segretario nazionale del Msi (e se serve patente di destra, più destra di così non si può). Ha in braccio una bambina di colore, profuga, e il titolo – è un reperto degli anni ’90 – così grida: “Solidarietà”.
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