ITALIA: CERTO, MA QUALE?


Un paese diviso, anche nel giorno del suo centocinquantesimo genetliaco. Ecco cosa si prospetta oggi, dopo quindici decenni di storia nazionale. Un paese che, a mio avviso, affonda le sue radici italiche secoli prima, quando oltre al concetto di nazione un brillante intellettuale ipotizzò addirittura un concetto di Europa. Non sforziamoci di festeggiare controvoglia un evento tanto discusso quanto poco conosciuto, ma utilizziamolo come pretesto per riflettere sulla nostra storia e sui reali motivi di quest’unità, che prima di essere di cuori è unità di perimetri. Non si può essere Italiani e sentirsi fieri di esserlo solo guardando i nostri paesaggi e i nostri mari, i nostri cibi e la nostra arte che prima di un unità è frutto di un territorio speciale, diverso e non comparabile a nessun altro, caratterizzato dalle mille differenze e dai mille diamanti che costellano la nostra penisola. Non sarà forzando un senso di patriottismo ne accoppiando capre e cavoli che si giunge ad un senso di patria. Non dimentichiamoci in questo momento di festeggiamenti del sangue sparso in Sicilia in nome di Vittorio Emanuele Re d’Italia, delle speranze disattese dei contadini e degli umili e dei processi sommari mossi a carico di chi illuso dall’eroe dei due mondi aveva osato ribellarsi.
Non bisogna scordarsi oggi più che mai di Bixio, che giunse a Bronte alla testa di un battaglione di camicie rosse. E’ ormai assodato, attraverso l’approfondito esame della documentazione dell’epoca, che Garibaldi non inviò Bixio a Bronte solo per ripristinare una certa qual forma di ordine pubblico, ma fu mosso, al di fuori di ogni altra razionale considerazione, dalla esigenza di proteggere gli interessi dell’Inghilterra (del pingue casato Nelson in primis) verso la quale si sentiva fortemente obbligato per avere favorito l’occupazione dell’Isola, oltre che con le navi da guerra pronte a sparare sui borbonici, anche con il generoso sostegno finanziario elargito in moneta sonante e in oro. Come si chiama chi per denaro si presta a scopi che poco hanno in comune con la dignità e la morale?
Non dimentichiamo nemmeno l’innocente Ciraldo Fraiunco, colpevole di girare per le vie di Bronte gridando “libertà”, e dell’avvocato Nicolò Lombardo ritenuto il capo della sommossa.
Tutto tralasciando la questione “picciotti”. Decine e decine di poco di buono finanziati e assoldati da Garibaldi per contenere le masse in rivolta. Non scordiamoci nemmeno le collusioni e i finanziamenti del Piemonte ai signorotti fino a quel momento messi in riga dal Re Borbone. L’accordo che consisteva nel tenere a bada la popolazione cittadina di Napoli e non farla ribellare agli invasori in cambio di posizioni di potere nel nuovo stato unitario. Quei stessi signorotti che garantirono l’esito del plebiscito scortando la gente a “votare”, dando vita all’odierna visione di camorra.
Di storie come queste ce ne sono molteplici ma sfortunatamente ancora nascoste e insabbiate. Ne è un esempio l’eccidio di Pontelandolfo dove per ogni bersagliere ucciso furono sterminati diceci civili.
Ancora oggi dopo tanti anni queste ferite debbono portarci a riflettere sui veri motivi e i veri interessi (economici in prima linea) che ci hanno portare ad avere tra le mani questa Italia che non ci piace, ma che è nostra e come ogni cosa nostra va amata e rispettata. Insieme dunque non per criticare ma per osservare il passato e saper affrontare le sfide del futuro, senza vergognosi slogan dallo sfondo secessionista, ma adoperandosi per tenere insieme un nord florido e crescente (dove svettano oggi più che mai cognomi di meridionali capaci e volenterosi) senza dimenticare un sud martoriato che chiede solo di non essere lasciato solo, perché potenziale fonte di ricchezza, di bellezza e di grandi menti.
Questa è la sfida di oggi, come di ieri e di domani, perseverare, nelle scuole e nei luoghi di formazione, per cancellare i veli oscuri dalla nostra storia e costruire, con le sue vergogne e le sue magnificenze, perché una famiglia è accumunata dalle gioie ma soprattutto dai dolori. Tutto questo per la formazione di una coscienza nazionale, affinché questa festa non sia la festa di una nazione ma di tutti gli Italiani.

di Federico Balìn

Commenti