Il 23 maggio cade tutti gli anni la ricorrenza della strage di Capaci nella quale perse la vita un eroe e magistrato italiano Giovanni Falcone insieme alla moglie e a tutta la scorta. Falcone fin da giovanissimo portò avanti la lotta contro la criminalità organizzata più precisamente contro la mafia siciliana a Palermo e nel resto dell'isola. Il magistrato collaborò con un altro eroe nazionale anch'egli simbolo dell'antimafia, il magistrato Paolo Borsellino. I due nati nello stesso quartiere a Palermo si conobbero fin da bambini e continuarono la loro amicizia collaborando per dodici anni. Dopo la morte di Ninni Cassarà e del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa entrambi furono costretti a stare nell'Alcatraz italiana, il carcere dell'Asinara, luogo in cui con tutta la famiglia furono tenuti in condizioni di massima sicurezza. Falcone e Borsellino raccolsero le deposizioni di Tommaso Buscetta, forse uno dei boss più importanti della mafia sicula. Buscetta permise l'arresto di più di trecento persone, nel momento in cui Buscetta dovette deporre nell'aula, dove si trovavano uomini del calibro di Luciano Liggio, catturato alla fine degli anni '70 e sostituito da Totò Riina e da Bernardo Provenzano, un silenzio solenne e rispettoso accompagnò l'entrata in aula del boss. Buscetta benché fosse stato il TRADITORE restava comunque Buscetta. La deposizione del boss durarono una settimana e finalmente si giunse ai rapporti MAFIA-POLITICA dopo aver descritto minuziosamente l'organico del clan, Buscetta disse di non voler rispondere riguardo la politica sennò o lui o Falcone o eventualmente Borsellino sarebbero morti. Dopo che il giudice pronunciò la sentenza si susseguirono delle morti sospette. Il primo fu l'ex sindaco di Palermo Salvo Lima, esponente di spicco della DC e appartenente alla corrente andreottiana, che portava il 50% dei voti alla DC in Sicilia. Dopo la morte di Lima i Socialisti di Craxi aumentarono i consensi elettorali, questa fu la vendetta della mafia sulla DC. Un po' di tempo dopo sceso all'aeroporto di Caltanissetta con la moglie Falcone e la scorta proseguirono verso l'autostrada, all'altezza di Capaci una fortissima esplosione colpì le auto della scorta e quella di Falcone e della moglie. Dalle macerie nessun superstite. Morto Falcone, Borsellino fece un incontro con la cittadinanza e con i giornalisti durante il quale denunciò l'inefficienza dello Stato. Borsellino ricordò una frase pronunciata da Cassarà: "Dobbiamo convincerci che siamo morti che camminano". Il giudice direttamente affermò che non si può lavorare per un stato che lavora in modo contrario alle spalle dei veri magistrati anti-mafia. Qualche mese più tardi perse la vita anche Borsellino in un attentato al centro di Palermo dopo che il giudice era andato a trovare l'anziana madre. La città di Palermo con la Sicilia intera cadde nell'angoscia più profonda, gli unici due paladini che insieme ad altri collaboratori lavorarono per l'Italia, per la Sicilia e per l'anti-mafia erano morti.
GRAZIE FALCONE, GRAZIE BORSELLINO
di Umberto Garbini
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