Ad un mese dall'arresto dei Maro', Giovane Italia Orvieto esprime solidarietà e partecipazione

"Massimiliano Latorre e Salvatore Girone aspettano giustizia. Una parola che esprime una certezza di base, qui in Italia, ma che in India assume connotati torbidi ed oscuri. In questa tenebra giudiziaria, purtroppo, sono caduti due nostri marinai. Due connazionali. Due fratelli d'Italia.
La loro sconcertante vicenda inizia il 15 Febbraio, quando al largo delle coste del Kerala (sud-ovest della penisola indiana), un peschereccio locale non rispetta le norme di navigazione e ignora i segnali dell'Enrica Lexie, nave battente bandiera italiana con a bordo Latorre e Girone. Scatta, allora, la procedura anti-pirateria: l'equipaggio, composto per la maggior parte da fucilieri del Reggimento San Marco, apre il fuoco in segno di avvertimento, con colpi in aria e acqua, ma i pescatori non accennano a fermarsi. Sparano di nuovo. Due uomini cadono, morti, sul ponte del peschereccio.

Subito dopo, esce il comunicato-stampa dell'Enrica Lexie, che afferma:" ...i militari sono intervenuti esclusivamente secondo le procedure, nell'ambito delle misure che riguardano la lotta alla pirateria, per proteggere la sicurezza dei traffici marittimi da un'attività criminosa che mette a repentaglio le libertà economiche e personali dell'alto mare...". Da queste parole emerge la versione dei fatti, la prova che testimonia l'inesistenza di violazioni al codice della navigazione militare in acque internazionali. La nave si trova, infatti, in territorio franco e la vicenda dovrà essere impugnata da una corte di giustizia aliena dalle pressioni locali: questo è ciò che credono i componenti dell'equipaggio, è la speranza di Salvatore e Massimiliano.
La realtà, purtroppo, è ben diversa: il tribunale di Kollam, infatti, si attribuisce la piena competenza del caso, ignorando il comunicato della Lexie e le leggi sull'extraterritorialità. Le guardie indiane prelevano Latorre e Girone, li conducono in carcere, con l'accusa di omicidio volontario nei confronti dei due pescatori, senza processo sommario, né consulenze internazionali. Inizia allora un braccio-di-ferro mediatico: da una parte, il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, che cerca di trasferire all'Italia la giurisdizione sul caso; dall'altra, l'India che non cede alle richieste della Farnesina e risponde con una carcerazione ingiustificata di un mese e mezzo, prolungata proprio ieri di ulteriori quindici giorni, in attesa di sviluppi futuri.
In una situazione simile, l'Italia non può restare a guardare, ma deve anzi manifestare il proprio sdegno verso un paese, l'India, che si sta servendo della vita di due nostri fratelli per meri scopi di condizionamento elettorale, visto che proprio in quelle regioni è in corso una importante consultazione di voto.
Ecco dunque che Giovane Italia Orvieto, nella persona del suo presidente, Umberto Garbini, esprime l'idea di affiggere sulla facciata del palazzo comunale, un manifesto che raffiguri i due Marò trattenuti forzatamente nel Keral, per dimostrare la partecipazione del popolo orvietano verso questa vicenda così torbida ed equivoca. Così, dopo la proposta di intitolare una via ai Martiri delle Foibe in un precedente comunicato, passata inosservata agli occhi della giunta comunale e del Sindaco Concina, sebbene esule di Zara, oggi il movimento giovanile del PdL orvietano invita alla sensibilità sul "Caso Marò", nella speranza che il nuovo appello, senza colori politici né toni polemici, non cada di nuovo nel vuoto.
Nell'attesa di una positiva risposta degli organi comunali, Giovane Italia Orvieto esprime tutta la sua solidarietà verso le famiglie di Massimiliano e Salvatore, con l'auspicio di una loro sollecita liberazione.

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