Ci ha abituato alla sua figura forte e fiera che si regge sulle
cancellate della propria casa-prigione, pronta a dare speranza alla
Birmania e a tutti coloro che si battono per la liberta’ della sua
Patria.
Aung San Suun Kyi, e’ molto piu’ di un’icona. E’ un’eroina che ha fatto della repressione subita l’unica arma verso la conquista dei diritti del suo popolo.
Luc Besson con il suo nuovo film ‘The Lady’ ci offre un ritratto inedito, intimo, privato di una donna figlia-moglie-madre ma, prima di tutto, leader.
Mai l’avevamo vista mangiare una ciotola di riso in auto mentre viaggia da un angolo all’altro del suo paese nel pieno della sua campagna elettorale, mai avevamo osato spiare la sua disperazione nel scegliere di non tornare a casa alla scomparsa del consorte, mai avevamo immaginato il suo sgomento nel veder sparire il segnale radio il giorno della cerimonia della sua premiazione a Nobel per la Pace, mai avevamo assistito al rito di cogliere il fiore piu’ bello da mettere tra i capelli come fosse fonte dell’energia che fa continuare a combattere le più dure e disperate battaglie. Se il dolore dell’ingiusta reclusione, la precarieta’ degli affetti personali, la consapevolezza di avere una vita diversa, sono i veri protagonisti del film, sullo sfondo c’e tutta la storia, la passione, la tenacia di un popolo che non si arrende ne’ davanti alle finte elezioni, ne’ di fronte alle torture delle prigioni, ne’ alla vista del rosso dei fazzoletti indossati dagli esponenti del regime tiranno.
Persino questi ultimi – in un film che e’ una condanna netta alla dittatura – avranno qualcosa da imparare da Aung San Suun Kyi. Nel silenzio di una dimora trasformata in cella, mentre fuori i fucili sono pronti a sparare al primo ribelle che tenta di avvicinarsi, irrompono le note del Canone in D.
“Che succede?”, chiede un guardiano allarmato da quell’armonia mai ascoltata prima. Il collega gli risponde: ”E’ musica”.
Del coraggio.
di Augusta Montaruli
dal sito web Destra.it
Aung San Suun Kyi, e’ molto piu’ di un’icona. E’ un’eroina che ha fatto della repressione subita l’unica arma verso la conquista dei diritti del suo popolo.
Luc Besson con il suo nuovo film ‘The Lady’ ci offre un ritratto inedito, intimo, privato di una donna figlia-moglie-madre ma, prima di tutto, leader.
Mai l’avevamo vista mangiare una ciotola di riso in auto mentre viaggia da un angolo all’altro del suo paese nel pieno della sua campagna elettorale, mai avevamo osato spiare la sua disperazione nel scegliere di non tornare a casa alla scomparsa del consorte, mai avevamo immaginato il suo sgomento nel veder sparire il segnale radio il giorno della cerimonia della sua premiazione a Nobel per la Pace, mai avevamo assistito al rito di cogliere il fiore piu’ bello da mettere tra i capelli come fosse fonte dell’energia che fa continuare a combattere le più dure e disperate battaglie. Se il dolore dell’ingiusta reclusione, la precarieta’ degli affetti personali, la consapevolezza di avere una vita diversa, sono i veri protagonisti del film, sullo sfondo c’e tutta la storia, la passione, la tenacia di un popolo che non si arrende ne’ davanti alle finte elezioni, ne’ di fronte alle torture delle prigioni, ne’ alla vista del rosso dei fazzoletti indossati dagli esponenti del regime tiranno.
Persino questi ultimi – in un film che e’ una condanna netta alla dittatura – avranno qualcosa da imparare da Aung San Suun Kyi. Nel silenzio di una dimora trasformata in cella, mentre fuori i fucili sono pronti a sparare al primo ribelle che tenta di avvicinarsi, irrompono le note del Canone in D.
“Che succede?”, chiede un guardiano allarmato da quell’armonia mai ascoltata prima. Il collega gli risponde: ”E’ musica”.
Del coraggio.
di Augusta Montaruli
dal sito web Destra.it
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