Nascondonono le vere notizie e continuano a produrre comunicati stampa retorici come se vivessero ancora negli anni settanta e gli elettori fossero abbindolabili all'infinito con le solite chiacchiere. I capi di quello che una volta era un partito, il Pd, non raccontano le cose come stanno e si guardano bene dal dire che altri tre esponenti, Massimo Stella, Liliana Grasso e Anna Mortini, hanno lasciato la segreteria per divergenza dalla linea politica adottata dal duo Pirkko Peltonen- Leonardo Mariani le cui antenne continuano a ricevere sempre le onde del telecomando in mano a Stefano Mocio.
Difficile aspettarsi del resto qualche segnale di vitalità da un gruppo di potere che ha contribuito all' elezione di Concina solo per non dover pagare il conto di una gestione dei soldi pubblici che, in un paese normale, avrebbe tolto loro perlomeno qualche nottata di sonno sereno e che oggi ripaga il finto avversario con l'assenza di opposizione e con un atteggiamento tanto riconoscente, all'insegna della reciproca convenienza. Peccato che gente di valore come Giuseppe Germani e pochi altri rimangano rinchiusi dentro una logica di inazione paralizzante e nociva per tutti come questa.
Nel crollo verticale in cui è ormai avvitata la classe dirigente di quella che vorrebbe essere una città, ma che sta sempre più scivolando verso la dimensione del paese, la crisi irreversibile dei democratici è l'ennesima conferma che qui nessuno sa più in che direzione procedere. Nè come "fazione" del tutto, nè tantomeno come comunità.
Tutti guardano avanti con la prospettiva futura di sopravvivere un giorno in più, di vedere fino alla lunghezza del proprio naso, cercando di salvarsi e accusando gli altri di ogni incapacità, ma senza avere un minimo di coraggio e lucidità nell'indicare una rotta.
Tanto per dirne una, c'è voluto un outsider come Paolo Borrello a trasformarsi nel ragazzino della favola che afferma "Il re è nudo" per dire la verità sulla gestione di una fondazione Cassa di risparmio che in molti attaccano in silenzio, ma che nessuno (tranne Piero Leoni) ha il coraggio di criticare apertamente per la sua assoluta incapacità di svolgere un ruolo decente nell'indispensabile rinascita economica della città.
Emblema massimo di una borghesia senza spina dorsale, priva di contenuti, pavida, sempre incline ad accodarsi a direttive esterne, senza idee, ma patologicamente assetata di prestigio sociale, la fondazione bancaria è ormai diventata uno dei problemi principali di Orvieto.
Le poche menti lucide della città ne parlano con timore carbonaro, ma mettendo a fuoco la situazione attuale che vede il gruppo dirigente di questo ente come un sinedrio autoreferenziale di potere, intento a mantenersi in piedi distribuendo un pò di soldi a destra e un pò a sinista senza alcuna logica, con un bilancio privo di trasparenza, con la volontà ormai chiara di orientare le scelte di un Comune finanziariamente alla deriva e con una concezione delle priorità orvietane da fare accapponare la pelle.
A parte la scelta singolare di mettere i soldi nelle opere d'arte invece che nel sostegno all'economia (pur nel rispetto dei vincoli statutari), a parte l'idea completamente sballata che il futuro di Orvieto sia negli eventi e non nelle aziende, a parte la scelta di condizionare i finanziamenti alla nuova gestione del palazzo del gusto al salvataggio di quell'obbrobrio costoso e fallimentare che è stato il Belvedere lungo la strada di Buonviaggio, ma possibile che dentro la fondazione o anche fuori non si levi una sola voce a criticare l'irrazionalità di queste scelte? Possibile che il senso civico di chi aspira allo status di classe politica sia sempre soffocato dalla deferenza ossequiosa verso chi è percepito come signore del denaro?
Concina non ha la forza di dire niente considerando che la fondazione gli sostiene teatro e scuola di musica, dentro il Pd c'è chi coltiva robustissime ambizioni personali che transitano attraverso piazza Febei (sede della fondazione) e l'unico potere rimasto semi-forte di una città ormai ridotta allo stremo finisce così per rassomiglire a quel tramonto che trasforma in giganti anche le ombre dei nani.
Classi dirigenti prive di credibilità e deligittimate, un'istituzione teoricamente a sostegno della comunità, ma in realtà intenta solo a mantenere lo status quo agendo da vera Casta, un declino cittadino che appare ancora più evidente se si confronta con i tentativi di uscire dalla crisi che si stanno invece compiendo in altre realtà dell'Umbria. Basta vedere l'iniziativa del sindaco di Bastia che ha chiesto a tutte le banche del territorio di tirare fuori un pò di soldi per sostenere la difficile congiuntura dell'economia locale, o il dibattito che si è riacceso a Città di Castello sul futuro dell'area industriale di Regnano, per non parlare della grande attenzione riservata alla nascita del nuovo polo bancario delle ex Casse di risparmio finite sotto il controllo di Banca Intesa e mille altri esempi senza dimenticare di dare un'occhiata approfondita a come Carlo Colaiacovo gestisce da anni la fondazione Cassa di risparmio di Perugia.
Solo ad Orvieto ci sono santuari ottocentescamente sottratti al diritto di critica e i politici che oggi stanno zitti per convenienza, debolezza, calcolo personale e mancanza di visione sono coloro che perpetuano l'irrilevanza orvietana dal contesto regionale.
da TuttOrvieto
Commenti
Posta un commento