Le ricette sbagliate di Hollande (e Tremonti) contro crisi e recessione


Monsieur Hollande, candidato socialista in testa nelle elezioni presidenziali francesi, rispondendo alla domanda sul favore che avrebbe espresso Silvio Berlusconi per una sua vittoria (“se vincesse Hollande spirerebbe un vento nuovo in Europa”) ha risposto che a suo parere in Berlusconi “c'è ancora del risentimento nei confronti del Presidente uscente per quello che successe al G20 di novembre” quando Merkel e Sarkozy furono durissimi con l'ex-premier italiano.
Mi auguro che Hollande abbia ragione e che Berlusconi non sia diventato Bersani attraverso la mutazione genetica del centrodestra operata da Tremonti. La vittoria di Hollande in Francia, infatti, farebbe spirare in Europa un vento vecchissimo, quello che ci ha portato al vero mostro finanziario del nostro tempo: i debiti sovrani degli Stati contro i quali i popoli prima si ribellano e meglio è.
Cosa propone infatti Hollande all'Europa? Una ricetta che può solo aggravare la crisi e la recessione, con quattro ingredienti letali: gli eurobond, cioè debiti europei che si aggiungono ai debiti sovrani; tassa sulle transazioni finanziarie, con il conseguente spostamento dei capitali verso altri mercati; maggior potere di finanziamento della Bei, la Banca Europea degli Investimenti e sblocco dei fondi strutturali dell'Unione Europea, ossia due misure ultrakeynesiane che dovrebbero generare crescita attraverso investimenti degli Stati e che, quando non falliscono, riescono ad accrescere il potere di intermediazione degli Stati e della politica sull'economia, con il seguito di inefficienza e inevitabile corruzione che questo potere porta.
Accanto a questa notizia, possiamo leggere che Pd e Pdl insieme starebbero esercitando un pressing sul governo affinché accetti nella risoluzione di approvazione del Def, il documento di economia e finanza, di destinare 8-9 miliardi di euro di avanzo che ci si attende nel bilancio 2013 “alla crescita” cioè “incentivi” ad alcune imprese e alcuni settori.
Già oggi lo Stato dà ogni anno alle imprese 45 miliardi di euro, di cui 15 vanno a Poste, Ferrovie e Enel e 30 vengono dispersi nel mucchio senza che generino né un miliardesimo di Pil né mezzo posto di lavoro in più. A questi dovremmo aggiungerne altri 8-9, portando il totale dei soldi pubblici regalati inutilmente alle imprese ad una somma pari all'intero importo proveniente dall'Irap, l'imposta rapina contro la quale Forza Italia nel 1998, al momento della sua introduzione, lanciò una mobilitazione straordinaria e si impegnò ad abrogarla non appena fosse andata al governo.
Dunque oggi il Pdl, ormai divenuto socialista, sostiene le stangate fiscali e, invece di proporre che l'avanzo di bilancio e il taglio netto dei trasferimenti alle imprese vadano a coprire l'abolizione della più iniqua tassa sull'impresa e sul lavoro, vero ostacolo della crescita, si accoda alle politiche socialiste. Altro che ordini del giorno in cui si chiede che l'Imu sia in vigore per solo un anno. Quello è fumo negli occhi di un partito che, nato per realizzare la rivoluzione liberale, muore nella conservazione statalista. E poi qualcuno ha anche il coraggio di parlare di “spirito del '94”.

di  Giorgio Stracquadanio, dall'Occidentale

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