Non sappiamo se la proposta fatta da Alfano e Berlusconi di adottare in Italia il sistema semipresidenziale alla francese (con elezione diretta del presidente della repubblica, capo dell’esecutivo, e per il parlamento un sistema uninominale maggioritario a doppio turno) andrà a buon fine. Molti indizi, a cominciare da una valutazione realistica del tempo disponibile prima del termine della legislatura, inducono a pensare che la proposta non riuscirà a passare. Tuttavia si tratta di una buona notizia. La circostanza segnala infatti che il centro destra, per quanto in difficoltà verso il suo elettorato tradizionale, una volta liberato dall’abbraccio soffocante e mortifero della Lega, è in grado di tornare a indicare con chiarezza la strada da seguire.
Insomma, quale che sarà l’esito di questa proposta, si tratta di continuare a metterla in primo piano come un elemento caratterizzante del programma politico del centro destra, perché si tratta del modo più positivo di onorare l’eredità del berlusconismo.
Il berlusconismo ha due versanti. Uno che si può chiamare sistemico, cioè relativo al funzionamento del sistema politico, l’altro relativo alla comunicazione politica, cioè alle tecniche con cui raggiungere e motivare l’elettorato. Su questo secondo versante l’avvento di Berlusconi è stato una sorta di master di aggiornamento della vita pubblica italiana, perché ha introdotto il marketing politico in un panorama che ancora viveva della bolsa retorica dei grandi partiti di massa, dove i problemi della comunicazione politica venivano risolti con la lottizzazione (tre reti radiotelevisive pubbliche appaltate a tre diverse aree politiche). Sotto questo profilo il berlusconismo non solo ha prodotto risultati durevoli e, con ogni probabilità, irreversibili, ma può anche ritenersi superato. Gli ultimi sviluppi della comunicazione informatica, infatti, in particolare l’emergere dei social networks come mezzo principale della mobilitazione politica e di un’informazione diffusa e capillare, riducono notevolmente l’impatto di un marketing politico che ha nelle reti generaliste e nei talk shows i suoi canali privilegiati.
Tuttavia il lascito più importante del berlusconismo, e anche quello che è maggiormente a rischio, è quello sistemico. Grazie alla discesa in campo dell’imprenditore milanese l’Italia, dopo oltre un secolo di governi centristi (fossero essi a base trasformista come in età liberale, o a base partitocratica come in età repubblicana), ha orientato la contesa politica sull’asse destra/sinistra e ha conosciuto l’alternanza fra due schieramenti. Cioè, ha mosso i primi passi verso una democrazia maggioritaria e governante, ponendo le premesse per un miglioramento del tono complessivo della vita pubblica. L’esperimento è durato fino ad ora perché rispondeva a un bisogno radicato nell’opinione pubblica. Tuttavia il funzionamento non è stato soddisfacente, perché sul suo cammino si sono accumulati molti ostacoli. In primo luogo la cultura dorotea diffusa nei palazzi romani, che considerava un requisito di democraticità gli esecutivi deboli e i governi di breve durata e comunque instabili. A questo fattore culturale si sono aggiunti gli interessi di una parte consistente del ceto politico. Sistemi elettorali spuri hanno fatto crescere oltre misura il peso dei partiti minori ed estremisti, con grave danno per la coesione delle coalizioni di governo e per l’efficacia delle politiche pubbliche. Soprattutto, poi, l’influenza eccessiva delle estreme ha impedito un dialogo tra le componenti moderate dei due schieramenti per trovare un punto d’intesa. Così a diciotto anni di distanza dalla "discesa in campo" la nostra democrazia dell’alternanza rischia di naufragare, risucchiata dai gorghi del trasformismo di ritorno, o travolta dall’onda limacciosa dell’antipolitica.
Non si tratta di ritrovare un presunto spirito del 1994, così spesso evocato, occorre invece, in termini programmatici ed operativi, trarre le giuste conseguenze dall’esperienza di questi ultimi mesi: senza un riforma costituzionale adeguata anche le vittorie elettorali assai ampie (e ci riferiamo al 2008, non a lontane ere geologiche), possono risultare inefficaci.
di Maurizio Griffo, da L'Occidentale
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