La furia è stata scatenata da un film ritenuto blasfemo su Maometto girato da un gruppo di copti residenti negli States
Sangue in Nord Africa - La notizia, rilanciata dalla tv panaraba al-Jazeera, è stata poi confermata dal ministero dell’Interno libico. Martedì sera si parlava della morte di un non meglio precisato "funzionario americano" ma è chiaro che la notizia della morte di Stevens cambia tutto il panorama. La folle protesta contro il film non riguarda solo la Libia: martedì al Cairo, in Egitto, alcuni dei tremila manifestanti scesi in piazza si erano staccati dal corteo ed erano riusciti a tirare giù la bandiera a stelle e strisce dall’ambasciata americana e a sostituirla con un vessillo inneggiante ad Allah. I protestanti di Bengasi manifestavano contro lo stesso film denunciato in precedenza da migliaia di egiziani, in maggioranza salafiti, che erano già scesi in pazza martedì, proprio nel giorno dell’anniversario degli attacchi dell’11 settembre agli Usa.
Le parole di Al Quaeda - Nel frattempo sui siti
vicini ad Al Qaeda si rivendica l'attacco all'ambasciata Usa come "una
reazione della milizia Ansar Al-Sharia alla conferma della morte di Abu
al-Libi", numero 2 dell'organizzazione terroristica musulmana arrivata
martedì da Ayman al Zawahiri. Preoccupazione tre la
autorità libiche. L’attacco è "contrario agli insegnamenti dell’Islam" e
la Libia farà tutto il necessario per punire i responsabili, ha
ricordato il presidente dell’Assemblea nazionale, Mohamed el-Megari.
Gli imbarazzi di Obama - Martedì il presidente
americano Barack Obama ha preferito ricordare le vittime delle Torri
Gemelle ricordando che gli Usa non sono in guerra contro l'Islam ma
contro i fondamentalisti. E da ambienti ufficiali è arrivata addirittura
la condanna del film sotto accusa, con colpevole sottovalutazione del
peso degli incidenti. Il candidato repubblicano Mitt Romney
ha accusato per questo Obama, che pare ripetere gli errori commessi da
gran parte del mondo occidentale nel 2006. Allora Bengasi s'incendiò
contro il ministro Roberto Calderoli, colpevole di aver
mostrato in tv una maglietta con una vignetta satirica su Maometto.
Anche in quel caso, accusa di blasfemia e follia dei fondamentalisti:
nell'assalto all'ambasciata italiana morirono 11 persone. Naturalmente
la colpa fu addebitata a Calderoli, che fu costretto a dimettersi.
Secondo molti esperti dell'area, il rigurgito islamista di
quell'episodio (legato alla pubblicazione nel settembre 2005 di altre
celebri vignette satiriche sul giornale danese Jyllands-Posten)
segnò l'inizio dell'insurrezione anti-Gheddafi, il Colonnello che ha
imbavagliato fino allo scorso ottobre ogni tipo di fondamentalismo
religioso. Che ora, libero, si arma e alza la voce: è il frutto amaro
(ma prevedibile) della primavera araba, che l'ambasciatore Stevens sul
sito ufficiale della diplomazia Usa definiva "periodo di cambiamento e
speranza" per la Libia. Sono fortunato a parteciparvi". Mai come oggi
queste parole suonano beffarde.
da Libero
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