Diktat del Colle persino sulla legge elettorale

Per mesi ha richiamato il Parlamento (quella cosa che secondo la Costituzione rappresenta la sovranità popolare) a occuparsi non già della crisi economica, del rilancio dell’economia nazionale o della sorte degli esodati – che per queste cose ha chiamato un esperto che stava all’estero e l’ha messo a capo del governo – bensì della vera, assoluta, imprescindibile priorità che incombeva sull’Italia: cambiare la legge elettorale. E il Parlamento, che a furia di schiaffoni ha imparato la lezione, alla fine si è deciso, frettolosamente, a votare un testo al Senato. Ma lui non è contento. E richiama di nuovo il Parlamento, spiegando più nel dettaglio che cosa aveva cercato di dirgli in questi mesi. L’ordine non era “sbrigatevi a fare una nuova legge elettorale”, bensì “fate in fretta una legge elettorale come piace a me”. Così, mentre prima il suo cruccio erano le preferenze (che però il Pd non vuole e poi dopo il caso Fiorito hanno indotto in tutti un lieve ripensamento), ora pare scosso dall’idea che si riconfermi un vincolo di coalizione che rafforzerebbe il bipolarismo (cosa che Bersani voleva, ma ora, dopo il monito di Re Giorgio, sembra non volere più). Come ci hanno spiegato analisti e saggi per tutta l’estate, Casini, Monti e Napolitano preferirebbero una legge proporzionale che impedisca di avere un vero vincitore dopo le elezioni, così da rendere necessario un nuovo governo tecnico. L’avevamo capito, Sua Maestà, non c’era bisogno di ripetere.

di Marcello de Angelis, da "Il Secolo d'Italia"

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