Politica. Il ticket Tosi-Meloni prove tecniche di “Lega Nazionale” (tra Junger e de Benoist?)

A parlare per primo è stato Flavio Tosi, che si è detto pronto a correre per la leadership del centro-destra. Lo ha fatto come un fulmine a ciel sereno, ad agosto, nel bel mezzo di una crisi politico-istituzionale senza precedenti; come se il nome di Berlusconi Silvio, anziché riempire quanto mai ogni discussione pubblica, fosse già stato archiviato dalla nascente Terza Repubblica. Velleità o lungimiranza? Di certo il ticket proposto dallo stesso Tosi con Giorgia Meloni, lascia intravedere qualcosa di più che una semplice boutade estiva. Ed è stata la stessa leader di Fratelli d’Italia a darne conferma, invitando ad Atreju il sindaco di Verona. Come si dice, se son rose… Ma al di là degli attuali assetti e delle future proposte, un possibile dialogo fra gli orfani identitari dell’epoca berlusconiana non può non suscitare un minimo di interesse, se non altro ricordando le fugaci intese fra giovani padani e post frontisti della gioventù sui temi, rimasti caldi, del mondialismo, declinati secondo le comuni letture di Junger e de Benoist.
Insomma, al di là del riassetto elettorale dell’ultimo ventennio, il gioco delle parti nel centro-destra, e il ruolo del dominus di Arcore, una certa idea di leghismo nazionale che combinasse identità e nazione, libertarismo e comunitarismo, non si è mai sopita, pur non trovando alcun effettivo riscontro politico.
I tempi stanno maturando? Forse, ma se due leader importanti come Tosi e Meloni aprono ad un dialogo sui contenuti, considerando i giorni in cui viviamo, il fatto merita grande attenzione: in questa cornice post-leghista e post-finiana,  la nascita di una destra competitiva in grado di miscelare buona amministrazione, libertà fiscale, sovranità politica e un antieuropeismo maturo, potrebbe rivelarsi l’unico fatto nuovo del prossimo panorama elettorale. Di certo l’unico fatto politico in grado di offrire una proposta differente a quella che oggi, nel dibattito Berlusconi sì – Berlusconi no, è la generazione senza voce dei trentenni che stanno peggio dei padri. Una generazione che ha sempre meno voce soprattutto al centro-nord.

A cura di Giacomo Petrella

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