Ferdinando Imposimato, presidente onorario aggiunto della Suprema
Corte di Cassazione, durante la recente presentazione a Napoli del suo
nuovo libro “La Repubblica delle stragi impunite”, ha affermato: «Il
Gruppo Bilderberg è uno dei responsabili della strategia della tensione,
e quindi anche delle stragi». Imposimato riferisce di aver trovato per
la prima volta menzione della parola Bilderberg nelle carte delle
indagini del giudice Emilio Alessandrini, che «venne assassinato durante
gli anni di piombo da un “commando” del gruppo terroristico Prima
Linea».
Tra
gli italiani componenti del Gruppo Bildenberg e della Trilateral
Commission compaiano Mario Monti, ex presidente del Consiglio, John
Elkann, presidente del gruppo Fiat, Pier Francesco Guarguaglini, ex
presidente di Finmeccanica, Marco Tronchetti Provera, presidente di
Pirelli, ed Enrico Letta, vicesegretario del Partito democratico e
attuale presidente del Consiglio.
E’ da notare che gli ultimi due presidenti del consiglio in Italia
sono il frutto di una raffinatissima strategia del “golpe morbido”, che
comporta anche un dispiegamento allineato dei maggiori media italiani
sulla linea “Euro fino alla morte!”, che comporta la dissuasione
violenta del pubblico italiano con argomenti che poco o niente avrebbero
a che fare con l’economia reale di un paese cosciente del suodiritto
nativo alla sovranità economico-monetaria.
In un intervento durante una conferenza alla facoltà di scienze
politiche dell’università di Milano, ho individuato in un fatto ben
preciso il possibile risultato ottenuto con le bombe nelle banche e la
strage di Piazza Fontana avvenuta a Milano il 12 dicembre 1969:
l’interruzione dello sconto alla pari dei Buoni del tesoro (Bot) da
parte della Banca d’Italia (un ente privato che, all’epoca, era di
proprietà di banche statali).
In
sostanza sostengo che i 22 anni cosiddetti “di piombo”, in Italia,
iniziati con piazza Fontana, dovevano culminare con la firma del
Trattato di Maastricht del 1991 che comportò l’adozione della
circolazione dell’euro come moneta legale dal 1° gennaio 2002. Il punto
su cui ritengo importante soffermarsi è la valutazione dei rapporti di
potere esistenti tra l’amministrazione pubblica ed il sistema
monopolistico delle banche (private). Nella mia definizione di banche
private rientrano anche quelle banche centrali che, ancorché
apparentemente sotto controllo pubblico come in Francia ed Inghilterra,
mantenendo il falso in bilancio dell’emissione monetaria al passivo,
nascondono i veri proprietari occulti. Il rapporto di forza
banche-Stato, in Italia, è quindi scandito da un periodo in cui lo Stato
può finanziarsi ottenendo fondi illimitati, scontando alla pari i buoni
del Tesoro, fino al 1969, ed un momento in cui la sua sovranità
monetaria viene ridotta al lumicino con la rinuncia anticostituzionale
del Trattato di Maastricht (1991) che lascia solo la facoltà – limitata
dalle indicazioni quantitative della Bce – dell’emissione di monete
metalliche in euro.
A questo proposito notiamo che al Vaticano è andata meglio: secondo
i patti bilaterali con la Ue, l’ammontare annuale delle monete da
coniare viene almeno stabilito da un comitato misto Vaticano-Ue. Quindi,
se nel 1969 il rapporto di potere monetario Stato-banche era di 1 a 1,
nel 1992 – poco dopo le stragi Falcone e Borsellino e la seguente
adozione in Parlamento del Trattato di Maastricht – il rapporto diventa
dell’ordine di 1 a mille. In pratica, lo Stato conia monete mentre il
sindacato bancario (banche centrali più banche commerciali) stampa
banconote e inventa depositi di denaro contabile per un importo
enormemente superiore. Se la mia tesi è vera – ecco quindi
l’eterodirezione del terrorismo in Italia – è chiaro che gli strumenti e
le armi convenzionali di difesa dello Stato democratico fino ad oggi
non hanno assolutamente funzionato. Né ci sono servite – guardacaso – le
armi atomiche e le basi militari che gli Stati Uniti ci hanno imposto
dalla fine della seconda guerra bancaria mondiale.
Un detto dice: chi ha i soldi in mano, ha vinto! E chi ha per primo
i soldi in mano se non chi li crea e può spenderli senza controllo?
Senza alcuna contropartita, ma anzi, nel caso delle banche, sottraendone
l’importo dagli utili di esercizio? Nel caso dell’Italia, ormai abbiamo
visto che l’ordinamento statuale è completamente subornato fino al
livello della presidenza della Repubblica, che niente ha fatto e fa per
resistere agli oligarchi del credito. Questo nuovo strumento d’indagine,
ovvero il rapporto Stato-banche visto secondo i poteri d’emissione
monetaria e ritenzione della relativa rendita, ci da anche la
possibilità di effettuare una indagine retrogada sugli accadimenti
geopolitici internazionali degli ultimi decenni. La chiave d’indagine è
calcolare il rapporto Stato-banche sulla moneta prima del conflitto e
dopo il conflitto.
Si noterà facilmente che, nei casi in cui tale rapporto è
peggiorato o peggiora costantemente in favore dei banchieri, le
rivoluzioni o guerre umanitarie avevano ben altri scopi da quelli
esaltati dal circo mediatico. Infine, questa variabile può essere
certamente utile per raggiungere quell’accordo unanime sul significato
univoco di termini quali: terrorismo, criminalità finanziaria e
riciclaggio di denaro, che ancora oggi manca nelle Nazioni Unite. Il
rischio sarebbe infatti quello di combattere i nemici sbagliati, come
affermò nel secolo scorso il generale Patton poco prima di morire. Ne
discende inoltre che, se le guerre e le sovversioni occidentali oggi
sono indirizzate contro Stati orientati verso la sovranità
creditizio-monetaria, dovremo prima o poi confrontarsi con la Cina: o
per combatterla, autolesionisticamente, o meglio per omologarci quanto
prima.
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