«Abbiamo molto rispetto per gli antichi
amici ma non condividiamo il loro progetto. Loro sembrano guardare
indietro, noi invece vogliamo guardare avanti».
«Ma nooo. La prova è che noi, già a settembre ad Atreju, avevamo deciso di presentare il documento finale dell’Officina proprio il 9 novembre. Poi, per non accavallarci con Storace, abbiamo deciso di posticipare il nostro Manifesto al 17 novembre, al teatro Sistina».
Cos’è la vostra «Officina»?
«Un progetto promosso da Fratelli d’Italia per rifondare il centrodestra nazionale, alleabile con la futura Forza Italia e altre forze come la Lega. Con condizioni ben precise».
Che sarebbero?
«Primo: non tradire il bipolarismo; e questo significa non allearsi mai con la sinistra. Secondo: individuare il candidato premier della coalizione con le primarie».
Fin qui la differenza con il progetto di Storace è poca.
«Noi non vogliamo rifondare An ma ripartire da An e dalle tesi di Fiuggi per andare oltre. Tant’è vero che con noi, o interessati a noi, ci sono anche uomini con storie lontane da An. Penso a Crosetto, a Magdi Cristiano Allam, a Terzi di Sant’Agata e all’ex ministro Guidi. Contributi importanti sono arrivati anche da Pera e Tremonti».
Fratelli d’Italia cambierà pelle, quindi?
«In gennaio faremo un congresso, forse addirittura a Fiuggi, per sancirne l’evoluzione. Tutti vogliono rifare qualcosa: rifare Forza Italia, rifare An. Il nostro obiettivo sarà Rifare l’Italia».
Nell’operazione di Storace vede appetiti nei confronti della Fondazione che gestisce l’ex tesoretto di An?
«Questo non lo posso dire io. La Fondazione fa la fondazione e mi sembra che sia amministrata bene. Sottolineo solo che il presidente, Franco Mugnai ha appena ricordato a tutti che nessuno è autorizzato all’utilizzo non concordato del simbolo di An».
Perché non siete riusciti voi a fare da calamita agli esuli di destra?
«Noi partiamo dai contenuti. Semmai speriamo di essere la calamita verso milioni di italiani delusi dall’attuale centrodestra. Non vogliamo unire tutti a ogni costo specie se in qualche esponente vi fosse la pretesa di rendite di posizione o di arroccamento all’estrema destra».
Fini ha mai bussato alla vostra porta?
«Fini sicuramente no. Ma non avevamo chiuso la porta a un confronto con Menia e Storace e con altri partiti non presenti in Parlamento».
Si è parlato poco dello strappo tra lei e Gasparri. È stato traumatico?
«Beh, doloroso sì: prima ci sentivamo cinque volte al giorno; oggi una volta al mese. Poi, quando è stato chiaro che Berlusconi tornava legittimamente a Forza Italia ognuno ha fatto la propria scelta. E la separazione è stata inevitabile ma senza rancore».
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