Banca d’Italia, un furto senza destrezza

Ricapitoliamo: il governo fa un decreto per stabilire le modalità di pagamento dell’Imu e poi chiede la fiducia per evitare il dibattito parlamentare e convertire il decreto in tempo utile. Contesto l’Imu: è l’ennesima bugia di un governo che avrebbe dovuto abolire le tasse sulla casa, ma ci può stare. Quello che è inaccettabile è che in quel decreto, fatto uscire nel silenzio approfittando del fatto che nello stesso giorno veniva cacciato Berlusconi dal Senato per cui l’informazione si occupava solo di quello, sia stata inserita la privatizzazione di Banca d’Italia.

Nel dettaglio, il decreto prevede: aumento del capitale sociale da 176.000 € a 7,5 miliardi (quindi aumentato di 46 volte circa); tassa UNA tantum per la rivalutazione delle quote al 12% (quindi con 900 milioni scarsi se la cavano ed il governo si accontenta); possibilità (questa invece per sempre) di distribuire dividendi sino al 6%, pari a 450 milioni all’anno di regalo (conoscete altri investimenti che ad oggi garantiscano il 6%?); allargamento delle partecipazioni a tutte le banche, assicurazioni, fondi pensione privati che, essendo tali, possono anche divenire di proprietà straniera (finora i soci erano le principali banche provenienti dalla natura di istituto pubblico, senza libertà di commercializzare le quote e di prelevare utili).

Insomma, una marchetta a finanzieri, massoni e criminalità organizzata (notoriamente ben inserita nei salotti della finanza). Il tutto, senza che al Quirinale venisse il dubbio che un argomento del genere non potesse essere trattato per decreto, inserito surrettiziamente in mezzo ad altri argomenti.

Dopo avere cassato sul nascere tanti decreti proposti dal governo di centrodestra nella scorsa legislatura, dopo essersi lamentato sotto Natale per l’uso improprio della decretazione da parte dell’attuale governo in barba ai richiesti requisiti di necessità, urgenza e coerenza di materia, al Grande Vecchio scivola inavvertitamente una firma su questo atto delinquenziale.
Ultimo, piccolo, particolare, se per caso l’Italia dovesse un giorno decidere di uscire dall’euro (non è qui in discussione la fattibilità o il favore per tale scelta), lo Stato dovrebbe andare a comprare dai privati oggi gratificati le quote della propria banca centrale, a prezzi di mercato che sconteranno la nuova redditività dei soci.

Stamane ho provato a gridare tutto questo in Aula, mentre il ministro Franceschini poneva la questione di fiducia, di fatto silenziando il Parlamento ed impedendo la discussione sul provvedimento. Il Presidente di turno, con rara solerzia ed in totale assenza di mie frasi ingiuriose, ha deciso di espellermi dall’Aula e di garantire al Governo un silente iter approvativo.

La cosa curiosa è che il Presidente di turno fosse un grillino: si, proprio uno di quelli che asseriscono di voler combattere il sistema. C’è voluto veramente poco perché si omologassero anche loro.

di Massimo Corsaro, da Destra.it

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