Ragionare dopo il diluvio. Con fredda passione e disincantata
lucidità. Lontano da ogni rancore e indifferente al cicaleggio delle
prefiche. È “La destra nel labirinto – Cronache da un anno terribile”,
il nuovo libro di Mario Bozzi Sentieri, una delle intelligenze più
brillanti e libere della cultura anticonformista (e firma preziosa di
Destra.it) . Un lavoro importante.
Con eleganza, puntualità e un goccio di sana perfidia, l’intellettuale genovese individua nel catastrofico 2013 l’annus horribilis del centro destra italiano. In pochi drammatici mesi l’esperienza berlusconiana arrivava improvvisamente al suo capolinea — con una sconfitta definitiva, secca, irrimediabile — e, parallelamente, la galassia postmissina si sfasciava, implodeva. Senza gloria.
Esaminando le ragioni del duplice disastro, Bozzi Sentieri non fa sconti ad alcuno e individua con chiarezza i terribili limiti e le deficienze strutturali di un’alleanza politica da sempre fragile, insufficiente; al tempo stesso l’autore sottolinea l’incapacità della destra politica di cogliere un’occasione unica e trasformarla e consolidarla in un processo storico. I motivi: tanta superficialità, molta arroganza. Troppa ignoranza.
Andiamo per ordine. Lungo un confortevole ventennio, gli scalcagnati vincitori del marzo 1994 hanno cambiato sarto e abitudini, frequentazioni e linguaggi. Nulla di male, anzi. Governare un paese complesso implica passaggi e atteggiamenti consoni alle nuove e inattese responsabilità. Peccato che, ad un certo punto del percorso, “i nostri amici, misteriosamente scomparsi in Parlamento” abbiano smesso ogni autonomia di pensiero per affidare i loro (e nostri) destini alle innegabili capacità comunicative dell’ex Cav. (un signore simpatico quanto lunatico e bizzarro) e alla mente non brillante del Fini. Abbastanza per vincere le elezioni, troppo poco per guidare la settima potenza industriale dell’Occidente.
Eppure, convinto che “mai potesse finire”, un personale politico abbastanza modesto (con le solite, dovute eccezioni, si pensi a Marzio Tremaglia) ha, via via, svaporato ogni riferimento forte rinchiudendosi sempre più in una bolla autoreferenziale, perdendo così ogni contatto con i blocchi sociali di riferimento, l’Italia (e il mondo) reale.
Anche dopo la pirotecnica rottura tra i due leader, la maggioranza dell’ex A.N ha preferito rinviare ogni decisione e si è rifugiata sotto la cappa del partitone sultaniale continuando ad immaginare scenari di fantasia sconnessi dal presente, rifiutandosi di leggere il futuro. Esageriamo? No. Bastava passare una serata romana con un drappello di deputatini o/e deputatoni assortiti — tutti mestamente balcanizzati in sotto gruppetti e improbabili cordate interne — per tastare la loro estraneità dall’oggettività.
Ma non è tutto. Tralasciando i tristi coriandoli della grande festa mal terminata e senza alcuna indulgenza per il primitivismo nostalgico che continua ad affliggerci, l’autore richiama l’attenzione del lettore su due decenni di vuoto progettuale, sull’inconsistenza — quando non il rifiuto — d’ogni seria politica culturale. Come ricorda Bozzi Sentieri, pensare è faticoso, immaginare poi di dare una “forma” alta, un sistema valoriale forte e nobile ad una società liquida e disgregata come l’attuale può sembrare una follia, eppure questo era — ed è — il compito di una forza che non si voglia provvisoria, effimera, futile. La vera battaglia si combatte tra opposte visioni del mondo. Senza cedimenti e senza subalternità.
Mario — da irrequieto ragazzo invecchiato dei Settanta — lo sa bene e non a caso nel suo non retorico ricordo di Pino Rauti, un vero fabbro d’idee, ci ricorda l’attualità di «una non banale rilettura culturale e politica, che evidenziava, già allora, l’usura della vecchia dicotomia destra-sinistra, che preconizzava la fine del comunismo, che “reinterpretava” il fascismo-movimento, criticando il fascismo-regime, che paventava i rischi del mondialismo, che guardava all’Europa, quale alternativa geopolitica e spirituale». Tesi e temi sicuramente tutti da aggiornare, da verificare, da arricchire e rafforzare ma indispensabili per uscire dal marginalismo, dall’inutilità. Dal labirinto.
A ragione Bozzi Sentieri indica alla “destra perduta” e ai suoi segmenti politici dinamici — in primis, l’ipotesi incompleta ma interessante di Fratelli d’Italia — ma soprattutto ai laboratori in rete — Barbadillo, Totalità, Destra.it — un percorso ricostruttivo imperniato su «visioni di lungo periodo, in grado di creare un’aspettativa reale ed un’autentica speranza per gli italiani, oggi stanchi, disincantati, demoralizzati». Da qui la necessità, l’urgenza, di un’idea forte di politica basata su una lettura convincente e originale della crisi dell’Occidente, l’affermazione di un’identità alta e nobile scevra da cascami passatisti e imbarazzanti “puri-durismi”, un progetto sociale ed economico realistico e alternativo agli incubi dei tecnocrati.
Di certo, leggendo le conclusioni del libro di Bozzi Sentieri i tanti rassegnati scuoteranno la testa. Troppo impegnativo, troppi rischi, troppa fatica. Meglio svanire o limitarsi a celebrare mestamente un passato sempre più lontano, sempre meno comprensibile: in fin dei conti, una bicchierata per il 28 ottobre o un carnevale mortuario a Predappio non si negano a nessuno….
Noi, con Mario, restiamo invece convinti che una via d’uscita dal labirinto vi sia. L’importante è pensare, immaginare, costruire. Con nuovi strumenti e tanta curiosità e intelligenza. Ancora una volta, la poesia — il pathos — ci avverte che là dove cresce il pericolo cresce anche ciò che ti salva e la prosa — il logos — conferma che nulla uccide con più sicurezza che l’accontentarsi di sopravvivere.
di Marco Valle
Con eleganza, puntualità e un goccio di sana perfidia, l’intellettuale genovese individua nel catastrofico 2013 l’annus horribilis del centro destra italiano. In pochi drammatici mesi l’esperienza berlusconiana arrivava improvvisamente al suo capolinea — con una sconfitta definitiva, secca, irrimediabile — e, parallelamente, la galassia postmissina si sfasciava, implodeva. Senza gloria.
Esaminando le ragioni del duplice disastro, Bozzi Sentieri non fa sconti ad alcuno e individua con chiarezza i terribili limiti e le deficienze strutturali di un’alleanza politica da sempre fragile, insufficiente; al tempo stesso l’autore sottolinea l’incapacità della destra politica di cogliere un’occasione unica e trasformarla e consolidarla in un processo storico. I motivi: tanta superficialità, molta arroganza. Troppa ignoranza.
Andiamo per ordine. Lungo un confortevole ventennio, gli scalcagnati vincitori del marzo 1994 hanno cambiato sarto e abitudini, frequentazioni e linguaggi. Nulla di male, anzi. Governare un paese complesso implica passaggi e atteggiamenti consoni alle nuove e inattese responsabilità. Peccato che, ad un certo punto del percorso, “i nostri amici, misteriosamente scomparsi in Parlamento” abbiano smesso ogni autonomia di pensiero per affidare i loro (e nostri) destini alle innegabili capacità comunicative dell’ex Cav. (un signore simpatico quanto lunatico e bizzarro) e alla mente non brillante del Fini. Abbastanza per vincere le elezioni, troppo poco per guidare la settima potenza industriale dell’Occidente.
Eppure, convinto che “mai potesse finire”, un personale politico abbastanza modesto (con le solite, dovute eccezioni, si pensi a Marzio Tremaglia) ha, via via, svaporato ogni riferimento forte rinchiudendosi sempre più in una bolla autoreferenziale, perdendo così ogni contatto con i blocchi sociali di riferimento, l’Italia (e il mondo) reale.
Anche dopo la pirotecnica rottura tra i due leader, la maggioranza dell’ex A.N ha preferito rinviare ogni decisione e si è rifugiata sotto la cappa del partitone sultaniale continuando ad immaginare scenari di fantasia sconnessi dal presente, rifiutandosi di leggere il futuro. Esageriamo? No. Bastava passare una serata romana con un drappello di deputatini o/e deputatoni assortiti — tutti mestamente balcanizzati in sotto gruppetti e improbabili cordate interne — per tastare la loro estraneità dall’oggettività.
Ma non è tutto. Tralasciando i tristi coriandoli della grande festa mal terminata e senza alcuna indulgenza per il primitivismo nostalgico che continua ad affliggerci, l’autore richiama l’attenzione del lettore su due decenni di vuoto progettuale, sull’inconsistenza — quando non il rifiuto — d’ogni seria politica culturale. Come ricorda Bozzi Sentieri, pensare è faticoso, immaginare poi di dare una “forma” alta, un sistema valoriale forte e nobile ad una società liquida e disgregata come l’attuale può sembrare una follia, eppure questo era — ed è — il compito di una forza che non si voglia provvisoria, effimera, futile. La vera battaglia si combatte tra opposte visioni del mondo. Senza cedimenti e senza subalternità.
Mario — da irrequieto ragazzo invecchiato dei Settanta — lo sa bene e non a caso nel suo non retorico ricordo di Pino Rauti, un vero fabbro d’idee, ci ricorda l’attualità di «una non banale rilettura culturale e politica, che evidenziava, già allora, l’usura della vecchia dicotomia destra-sinistra, che preconizzava la fine del comunismo, che “reinterpretava” il fascismo-movimento, criticando il fascismo-regime, che paventava i rischi del mondialismo, che guardava all’Europa, quale alternativa geopolitica e spirituale». Tesi e temi sicuramente tutti da aggiornare, da verificare, da arricchire e rafforzare ma indispensabili per uscire dal marginalismo, dall’inutilità. Dal labirinto.
A ragione Bozzi Sentieri indica alla “destra perduta” e ai suoi segmenti politici dinamici — in primis, l’ipotesi incompleta ma interessante di Fratelli d’Italia — ma soprattutto ai laboratori in rete — Barbadillo, Totalità, Destra.it — un percorso ricostruttivo imperniato su «visioni di lungo periodo, in grado di creare un’aspettativa reale ed un’autentica speranza per gli italiani, oggi stanchi, disincantati, demoralizzati». Da qui la necessità, l’urgenza, di un’idea forte di politica basata su una lettura convincente e originale della crisi dell’Occidente, l’affermazione di un’identità alta e nobile scevra da cascami passatisti e imbarazzanti “puri-durismi”, un progetto sociale ed economico realistico e alternativo agli incubi dei tecnocrati.
Di certo, leggendo le conclusioni del libro di Bozzi Sentieri i tanti rassegnati scuoteranno la testa. Troppo impegnativo, troppi rischi, troppa fatica. Meglio svanire o limitarsi a celebrare mestamente un passato sempre più lontano, sempre meno comprensibile: in fin dei conti, una bicchierata per il 28 ottobre o un carnevale mortuario a Predappio non si negano a nessuno….
Noi, con Mario, restiamo invece convinti che una via d’uscita dal labirinto vi sia. L’importante è pensare, immaginare, costruire. Con nuovi strumenti e tanta curiosità e intelligenza. Ancora una volta, la poesia — il pathos — ci avverte che là dove cresce il pericolo cresce anche ciò che ti salva e la prosa — il logos — conferma che nulla uccide con più sicurezza che l’accontentarsi di sopravvivere.
di Marco Valle
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