Fu una guerra sbagliata. Per tanti motivi. Le librerie sono piene di
testi che spiegano gli errori, le follie, le manchevolezze, i disastri.
Tutto, più o meno vero, tutto, più o meno, falso. I veri motivi
dell’intervento italiano rimangono chiusi nelle discussioni
universitarie, serrati negli archivi, sussurati nei convegni dei
docenti.
Fu una guerra sbagliata ma (piaccia o meno) imposta dalle circostanze internazionali. Mussolini e i suoi gerarchi speravano in una soluzione breve, in una soluzione politica. Per il governo di Roma (interventista dopo mille esitazioni, si leggano i libri di De Felice e Di Rienzo) il conflitto doveva risolversi con qualche scaramuccia per poi chiudersi attorno ad un tavolo, in una conferenza internazionale. Come nell’Ottocento. Da qui la mancata occupazione di Malta e i tanti errori dell’estate del 1940.
Non fu così. La seconda guerra mondiale era una guerra del Novecento, una guerra moderna, una guerra totale. Una guerra che non prevedeva condizioni. Le democrazie anglosassoni non fanno prigionieri, ma Mussolini non lo comprese o non volle capirlo…
L’azzardo si rivelò una tragedia. Eppure, nonostante la debolezza strutturale nazionale, malgrado la fragilità degli equilibri interni e l’impreparazione delle forze armate, l’avventurismo del Duce (pensiamo soltanto alle inutili campagne di Grecia e di Russia) e l’incompetenza degli Stati maggiori (Badoglio, Visconti Prasca ma anche Graziani e altri “fascistissimi” condottieri…), il soldato italiano dimostrò coraggio, solidità, determinazione. Eroismo. Il momento centrale fu El Alaimen, un piccolo punto nel deserto africano. Laggiù, in quella schifezza di sabbia e pietre, la meglio gioventù italiana — i soldati della Folgore, dell’Ariete, della Trieste e delle altre divisioni — dimostrò tutto la sua robustezza. Il suo valore.
A distanza di tanti anni, vogliamo ricordare quei ragazzi meravigliosi. Senza retorica. Con rispetto. Con tanto rispetto.
di Marco Valle
Fu una guerra sbagliata ma (piaccia o meno) imposta dalle circostanze internazionali. Mussolini e i suoi gerarchi speravano in una soluzione breve, in una soluzione politica. Per il governo di Roma (interventista dopo mille esitazioni, si leggano i libri di De Felice e Di Rienzo) il conflitto doveva risolversi con qualche scaramuccia per poi chiudersi attorno ad un tavolo, in una conferenza internazionale. Come nell’Ottocento. Da qui la mancata occupazione di Malta e i tanti errori dell’estate del 1940.
Non fu così. La seconda guerra mondiale era una guerra del Novecento, una guerra moderna, una guerra totale. Una guerra che non prevedeva condizioni. Le democrazie anglosassoni non fanno prigionieri, ma Mussolini non lo comprese o non volle capirlo…
L’azzardo si rivelò una tragedia. Eppure, nonostante la debolezza strutturale nazionale, malgrado la fragilità degli equilibri interni e l’impreparazione delle forze armate, l’avventurismo del Duce (pensiamo soltanto alle inutili campagne di Grecia e di Russia) e l’incompetenza degli Stati maggiori (Badoglio, Visconti Prasca ma anche Graziani e altri “fascistissimi” condottieri…), il soldato italiano dimostrò coraggio, solidità, determinazione. Eroismo. Il momento centrale fu El Alaimen, un piccolo punto nel deserto africano. Laggiù, in quella schifezza di sabbia e pietre, la meglio gioventù italiana — i soldati della Folgore, dell’Ariete, della Trieste e delle altre divisioni — dimostrò tutto la sua robustezza. Il suo valore.
A distanza di tanti anni, vogliamo ricordare quei ragazzi meravigliosi. Senza retorica. Con rispetto. Con tanto rispetto.
di Marco Valle
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