Il tour di Veneziani per parlare di Patria: «Ricuciamo insieme la comunità Italia»

Da settembre «cento comizi d'amore» nei teatri: «Un percorso per ritrovare identità e co-appartenenza»


Un tour nei teatri italiani per risvegliare il patriottismo sopito e per ritrovare gli elementi fondati di una comunità nazionale: Marcello Veneziani a settembre partirà per un vero giro dello Stivale con il format «Serata italiana - cento comizi d’amore». Oltre a presentare la sua nuova iniziativa artistico-culturale, lo scrittore pugliese ha offerto nel dialogo con Il Tempo un’ampia analisi sullo stato di salute della destra italiana.
Veneziani, il prossimo mese inizia un viaggio da Aosta a Palermo?
«Sì, l’idea nasce mettendo insieme la celebrazione del centenario della I Guerra mondiale e il mio nuovo libro, "Lettera agli italiani" (Marsilio), attraverso il quale cerco di ritrovare le possibili forme di integrazione, identità e co-appartenenza alla comunità che chiamiamo Italia».
Perché ha scelto il palcoscenico teatrale?
«Per toccare le corde del pubblico con filmati, voci, musiche. Ho scelto la formula pasoliniana dei comizi d’amore, in versione patriottica».
L’obiettivo è ricostruire un sentimento unificante nell’immaginario collettivo?
«La sfida è volta a padroneggiare le forme del nostro tempo. Oggi non ci definiamo nativi italiani, ma nativi digitali. Quando ci si sente più legati al web e alla contemporaneità, bisogna valutare se è possibile essere allo stesso modo collegati a una "origine"».
«Lettera agli italiani» si ricollega a un suo particolare itinerario di ricerca?
«All’identità nazionale mi sono riferito ne "La rivoluzione conservatrice in Italia" (Sugarco), come nel saggio "Dio, patria e famiglia" (Mondadori). Adesso però parlo non di principi ma di fatti nella dimensione del presente».
Ne «La rivoluzione conservatrice» postulava una declinazione politica attraverso il nascente Polo della libertà del 1994. Coltiva le stesse speranze nel 2015?
«Quel centrodestra è stato sconfitto e superato. Allo stato bisogna valutare che margini ci sono per la politica quando il palcoscenico è occupato da quattro istrioni - Renzi. Grillo, Salvini e Berlusconi - e una mummia al Quirinale che mantiene lo status quo».
Il governo Renzi intanto procede, incurante del crescente malessere popolare.
«Il punto forte del renzismo è la mancanza di una vera alternativa, perché l’attuale scenario offre o la rabbia di Grillo e Salvini o il nulla del berlusconismo declinante. Non bastano i disturbatori».
A chi si riferisce?
«Ai Cinque Stelle e alla Lega: possono far cadere il governo ma non possono incarnare una opzione governista. Nei paraggi del centrodestra non si vede ancora un orizzonte organizzato per prendere il posto dell’ex sindaco di Firenze».
Salvini per novembre ha annunciato un ritorno al movimentismo di piazza.
«Il leader leghista fa bene a fare il suo mestiere, buca il video ma non lascia intravedere né il progetto, né una classe dirigente che lo rappresenti, né un quadro chiaro di alleanze».
Tornando alla Fondazione An, dove dirige il comitato scientifico, ci sono novità in cantiere?
«Ho rilanciato una serie di progetti, dalla scuola di formazione al Rapporto Italia, sul modello Censis. La Fondazione, però, deve superare problemi di prospettiva chiarendo se vuole tornare un partito, come auspicato da alcuni promotori a ottobre, o rimanere un soggetto culturale. Le quattro componenti presenti nel sodalizio finora sono state inconciliabili».
Anche in Francia, a destra, si registrano divisioni, con la guerra nel Front National tra Marine e Jean-Marie Le Pen.
«Marine ha mantenuto un profilo incisivo. La rottura è solo col folclore che scaturiva dalle battute del padre. Jean-Marie ha mostrato una gloriosa rigidità nel non capitolare ma andava chiusa una parentesi dannosa sul piano dell’immagine. Marine, di fatto, ha preservato la coerenza di fondo del Fn».
La conquista dell’Eliseo da parte della Le Pen non è più una missione impossibile?
«Avrà maggiore agibilità politica. Il consenso intorno a Hollande è ai minimi, mentre Marine ha un primato indiscusso di popolarità nell’elettorato transalpino».
Michele De Feudis, da Il Tempo

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