Libro, "Il Feroce Saracino" di P. Buttafuoco

Il libro è consigliato a chi vuole leggere qualcosa di anticonformista e controcorrente, forse definito da alcuni anche folle. Buttafuoco ha sottolineato più volte la sua origine profondamente radicata nelle viscere della Sicilia saracena, evidenziando un netto ritorno alla vera anima della sua terra.
Il giornalista ringrazia per quella sua possibilità di aver conosciuto prima l’Islam dei Musulmani, ma l’intellettuale eretico della destra italiana non si sottrae al fatto di sottolineare la differenza tra musulmani e mondo arabo. Il missino nostalgico dei vecchi tempi parla di una “rabbia araba” e non totalmente musulmana. Buttafuoco nei vari capitoli del suo racconto raggiunge la massima serietà, abbandonando il sarcasmo che lo contraddistingue,  nel momento in cui parla del “Suicidio di Notre-Dame”. Qui si racconta la storia di Dominique Venner, storico legato alla corrente di pensiero della Nouvelle Droite di Alain De Benoist, che sparandosi in bocco all’ombra della cattedrale di Notre-Dame, riporta alla memoria i gesti dei bonzi tibetani, cercando secondo la sua volontà d’insorgere contro i veleni dell’anima e contro gli invadenti desideri individuali che distruggono i nostri ancoraggi identitari e in particolare la famiglia, nucleo intimo della nostra civiltà millenaria.
Non mi dilungo ma vi consiglio di leggere questo libro, non ho anticipato molto, ma vi lascio con la grande curiosità di spendere parte del vostro tempo libero per rilassarvi in compagnia di un testo libero e lontano da qualunque forma di becero populismo.
di Umberto Garbini

Prefazione di "IL FEROCE SARACINO - La Guerra dell'Islam, il Califfo alle porte di Roma"
Più che la scimitarra, la forbice. Questa era la percezione dell'islam nell'immaginario degli italiani. Le forbici sul fez del "Turco Napolitano", una delle più fortunate maschere di Totò, la simpatia malandrina del Sarracino cantato da Carosone o l'alone fiabesco del Saladino della pubblicità Perugina. Da religione residuale l'islam oggi è diventato l'incubo di tutti; bussa alla porta di ciascuno di noi, insinuandosi nella nostra più privata quotidianità. Della strage di "Charlie Hebdo" a Parigi resta un fotogramma: un musulmano che spara a un altro musulmano. Due individui colti nel momento in cui la guerra civile globale diventa - ben oltre l'immagine - un fatto conclamato. Il primo uccide in nome di Allah, il secondo muore invocandolo. È una guerra civile all'interno dell'islam quella che, nel solco delle primavere arabe, dei flussi migratori e del dilagare del terrorismo internazionale, incendia la comunità musulmana. Si chiama fitna ed è la discordia insanabile, una faida che non trova tregua e che trascina nel proprio gorgo tutti. L'Isis cancella coi caterpillar l'antica città di Hatra. Come a Mosul, così a Nimrud. Di duemila anni di storia resta la polvere e una minaccia: la demolizione delle Piramidi in Egitto. Uno scempio messo in atto dai terroristi che non risparmia neppure i luoghi santi della religione di Maometto. E senza risparmiare Mecca dove i fanatici, tra le tante memorie della devozione, non hanno esitato a distruggere la casa del primo califfo dell'islam e anche la dimora di Khadigia, la prima moglie del Profeta, per lasciare il posto a dei bagni pubblici.

Pietrangelo Buttafuoco scrittore per Mondadori e Bompiani e giornalista del "Il Fatto Quotidiano" e "Il Foglio".

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