
Ecco, a rileggerlo ora il
titolo del suo saggio-manifesto assume tutt'altro significato. Quel "Io
Siamo" non indicava tanto la poliedricità professionale o parimenti
l'ampiezza della proposta programmatica. Macché. Tra le pieghe della semiotica politica quei
caratteri erano il rimando ad una individualità diluita in un insieme non
alieno ma di certo esterno ai confini della propria persona, fino a
mimetizzarla, a renderla tono cromatico tenue e sfumato all'interno di una
tavolozza ridondante di colori elettorali. Insomma, come spesso accade è il
senno del poi a dare sostanza veritiera ai fatti quanto alle cose. Corrado
Passerà ha esordito come leader moderato prefigurando la possibilità di
riversare nella cagionevole economia italica ben 400 miliardi di euro. Una
cifra enorme che da sola avrebbe dovuto far convergere consensi e lodi nei
confronti dell'ex ministro. Eppure sembra che nessuno si fosse accorto di
questa idea, per giunta minuziosamente dettagliata nelle pieghe del tomo. Del
resto il tipo è manager di vecchio stampo, legato ad una concezione pragmatica
e assai fattuale dell'esistenza terrena. Ergo, non una critica di rilievo o
un'obiezione sensata. Semplicemente a Passera, e al suo corollario progettuale,
non è stato riconosciuto alcun certificato esistenziale. Che a dirla tutta si
poteva pensare di limare un po' la cifra da pompare nelle vene del Bel Paese
per lasciarsi qualcosa da devolvere ad un bravo consulente per il marketing
personale, ma tant'è. Italia Unica, nel volgere di qualche anno, è passato
dall'essere un movimento desideroso di conquistare Palazzo Chigi ad una realtà,
molto più ridimensionata, interessata esclusivamente allo scranno più elevato
di Palazzo Marino. Obiettivo questo dignitosissimo, ci mancherebbe, ma poco più
di un contentino se raffrontato con le pretese originarie. Come se nulla fosse
il buon Corrado, nell'imminenza delle elezioni meneghine, ha dato alle stampe
un'altra fatica letteraria, stavolta scritta a quattro mani, che recita così:
"Ricomincio da Cinque", dove il titolo occhieggia alla quinta fase
del suo curriculum vitae: la candidatura, appunto, a sindaco di Milano. E però
verrebbe da dar vita ad un'immediata ristampa per la quale correggere la
dicitura di copertina con un altro decimale: “quattro e mezzo”. Perché, e qui
torniamo alla genesi del pezzo, alla fine Passera appoggerà Stefano Parisi, a
sua volta sostenuto dall'intero centrodestra presente sotto il Pirellone. Il
che, di questo periodo, fa gridare ad un miracolo forse più clamoroso e
salvifico di quello magistralmente tratteggiato da De Sica in un suo
celeberrimo capolavoro. Quindi, ricapitolando: catalizzatore dell'area
liberale, speranzoso della carica di primo cittadino ed infine semplice leader
di una lista d'appoggio. Di fatto è questa la parabola politica del fu manager
olivettiano. Un percorso apparentemente più subito che voluto. A detta del
protagonista il tutto è frutto di una strategia ben precisa che porterà
risultati su più ampia scala - niente riferimenti al mitico teatro però - nel
prossimo divenire. Una costruzione dinamica e ricca di tanti tasselli per una
nuova destra la cui epifania, anche stavolta, dovrà emergere nei dintorni della
Madonnina. Dovesse andar male pure stavolta c'è sempre Palazzo Spada, qui a
Terni. Al momento, con le attuali teste pensanti del progressismo locale,
qualunque normodotato avrebbe gioco facile ad ottenere le leve del potere. E
poi i posti in consiglio comunale sono più che sufficienti per contenere tutti
i componenti del movimento passeriano. Da Italia Unica a Terni Unita il passo
sarebbe breve.
di Luca Proietti Scorsoni
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