Prendere le distanze dalla pochezza dei commentatori
televisivi che si concentrano solo su problemi di passaporti o erasmus, è
quanto mai doveroso. Il voto inglese ha radici e motivazioni più profonde,
sicuramente non rispettate da chi disdegna il voto inglese, sinonimo di
democrazia tanto che più dell’80% degli aventi diritto si è recato alle urne. Gli
inglesi non hanno compiuto una scelta “di pancia”, ma hanno preferito abbandonare un’Europa germano-centrica e opprimente
per intraprendere una via alternativa. Questo non significa che gli inglesi abbiano
rinnegato la storia millenaria e le tradizioni del nostro continente, ma hanno abbandonato
una zattera alla deriva, salvandosi trovando un approdo sicuro. Sembra
anacronistica l’ultima frase, infatti, quando sembra che gli inglesi stiano per
soccombere, nel corso della storia, questi hanno sempre dimostrato di potersi
risollevare egregiamente, portando a casa vittorie inaspettate. I commentatori
del sistema hanno declinato con sdegno la libera decisione presa dal popolo del
Regno Unito, che anche se condizionato da “minacce” velate sulle pensioni e
salari statali, ha deciso di costruire un progetto incentrato sul ritorno alle
origini. La campagna referendaria è stata rappresentata da due figure
importanti, quali l’europarlamentare del UKIP, Nigel Farage, e l’ex Sindaco
conservatore di Londra, Boris Johnson, accreditato come successore del
dimissionario Cameron. Il referendum è stato accolto con diffidenza e sdegno
dalle alte rappresentanze europee, che da ora in avanti saranno costretti a
correre ai ripari. Infatti, non appena Nigel Farage ha concluso la sua breve
conferenza stampa, le televisioni hanno riportato la notizia della volontà di
presentare tale quesito referendario anche in Francia da parte Marine Le Pen,
leader del Front National, primo partito di maggioranza relativa. Questo ci
consente verosimilmente di poter dichiarare che tale sentimento si sta
espandendo come una macchia d’olio in tutto il vecchio continente.
Queste esigenze di libertà dei popoli non derivano da un
sentimento di riluttanza verso l’Europa, bensì un disprezzo nei confronti dell’incapacità
dei burocrati di Bruxelles di far rivivere le tradizioni e le specificità
europee a vantaggio della costituzione di un’unica identità falsa e figlia
della globalizzazione culturale. A fronte dell’esigenza di libertà che
avvertono i popoli europei, possiamo dire che attualmente c’è un fantasma che
si aggira per l’Europa e non è sicuramente il comunismo, ma rappresenta la
ricerca dei popoli di riappropriarsi della propria sovranità e indipendenza
politica ed economica.
Redazione
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