Parisi si candida a sostituire Berlusconi, ma non ha
coraggio di dirlo.
Stefano Parisi dopo la sconfitta alle amministrative
milanesi, alza il tiro per mirare alla leadership dell’area liberal-popolare,
cercando di riunire forzisti e alfaniani sotto la sigla dei moderati.
Sul palco Parisi manca di decisione e di empatia con la
platea, dimostrando capacità, ma certamente non quella di essere il potenziale
leader del centrodestra del futuro. Lontano anni luce dal populismo e dalla
forza mediatica di Berlusconi, Parisi si prepara a rappresentare una
involuzione leaderistica dell’area liberal.
In platea a giovani e imprenditori
si sommano logori e dannosi esponenti politici, che cercano di ricrearsi una
verginità.
Parisi dovrebbe essere l’antagonista di Matteo Renzi?
Mi perdonerete, ma il “gioco non vale la candela”, “la
battaglia già è persa prima di combattere”.
Parisi o no, il futuro dell’area liberal-popolare è legato
ineluttabilmente a Silvio Berlusconi. Se pur debole e anziano, Berlusconi
rimane il leader che fa rivivere anche per un momento gli animi spenti dei
dirigenti di Forza Italia, che ormai nel nord e nel centro Italia sono
surclassati dalla crescente forza elettorale della Lega Nord salviniana.
Apprezzabile il “tentativo Parisi”, purché rimanga sempre e
solo un tentativo vano. Un leader non può nascere da una sconfitta cocente come
quella di Milano. Il maldestro tentativo del Cavaliere di mollare tutto a Parisi
è l’ennesimo fallimento da parte di Berlusconi di abbandonare la politica
attiva.
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