JE SUIS CHARLIE HEBDO OU JE NE SUIS PAS?

Come accadde per le trivelle siamo tornati a dividerci sul condannare o meno la satira di Charlie Hebdo senza, pare, posizioni intermedie. Di seguito mettiamo a confronto due diverse sensibilità (di Luca Morganti e di Luca Proietti Scorsoni) su cui potremmo esprimerci col piccolo e semplice sondaggio che chiude il post. Così, giusto per rimarcare quando sia netta la divisione; ché o siamo Charlie Hebdo o non lo siamo (ndr).

Je suis encore Charlie

Charlie Hebdo non è per tutti, è per chi sa capire che la satira (prodotto nostrano, non dimentichiamolo, in quanto figlia della cultura latina) è ben diversa dalla comicità da “cittadini per bene”.
La satira ti dice le cose senza peli sulla lingua, in modo forse discutibile, ma sempre sincero. Charlie vuol farci capire che da una gestione del rischio sismico all’italiana può prodursi solo e soltanto un tragico pasticcio all’italiana.
Quei personaggi ci mostrano come il sangue di esseri umani innocenti possa spargersi con la stessa facilità con cui si sparge il sugo, se chi detiene le responsabilità tratta le loro esistenze come se fossero cibo da divorare in funzione dei propri comodi.
Je suis encore Charlie: io sono ancora Charlie.
Luca Morganti

Charlie adieu!

Voltaire, o chi per lui, avrebbe commentato più o meno così: “Bisogna metterlo in conto”. Già, perché se tuteliamo la libertà d’espressione tou-court poi non possiamo lamentarci se quel pensiero a noi alieno, seppur accettato, ci si rivolge contro. Certo, nel caso specifico non si può parlare di satira.
Da che mondo e mondo questa si scaglia contro i potenti e non contro i morti innocenti, avversa gli assasini e non le vittime. Ed invece la rivista francese, dopo che la sua redazione è stata falcidiata da invasati islamici (repetita iuvant: i-sla-mi-ci), non fa altro che offendere (si: offendere) tutte le religioni condensandole nel tratteggio del dio giudaico-cristiano.
Lo scrivente non partecipò al rito peloso del #jesuis e se ne guardò bene dal tirar fuori gessetti colorati: si limitò solamente a manifestare pietas per quei morti parigini. Per essere chiari: Charlie Hebdo, come qualunque altra rivista, non deve chiudere perché lo stabilisce Maometto, bensì perché non alletta più il palato del libero mercato.
In un sistema in cui vige la domanda e l’offerta se nessuno sente più la necessità di sfogliare pagine di cattivo gusto allora quel tipo di cellulosa, volenti o nolenti, dovrà essere riposta per sempre negli archivi editoriali. Ergo, ritiriamo il certificato di esistenza agli avvoltoi dotati di matite: non leggiamoli più, non acquistiamo più i loro deliri grafici, non parliamone. Evitiamo di abbassarci allo stesso livello dei vignettisti francesi: almeno noi non perdiamo la dignità.
Luca Proietti Scorsoni

Commenti