dopo l’indecoroso tramonto di Fini lei è l’unica faccia, voce e leader di destra emersa nel circo politico-mediatico del nostro Paese. Si è imposta all’attenzione del pubblico televisivo, raccoglie alti indici di gradimento, interpreta la voce della destra postfiniana e postberlusconiana in tandem con Salvini; del resto in tandem era nata alla guida di Fratelli d’Italia con Crosetto (il gigante e la bambina).
I sondaggi la danno in piccola ma promettente crescita costante, e il giudizio della gente su di lei è positivo, anche da parte di chi non la voterà: è battagliera senza essere truce o becera, è borgatara senza essere volgare, è di destra-destra ma ha una freschezza, un’efficacia, un bel misto di sorriso e caratterino. Un po’ troppo romanesca, simmetrica a Salvini, troppo padano. A volte sembra quei cagnetti vivaci, tipo chiwawa, che compensano il loro piccolo formato con l’aggressività e l’abbaiare mordace…
Ma lasciamo stare i paragoni e le battute, lei è permalosa, e rischio di non farmi capire che sto scherzando e non sto esprimendo giudizi politico-canini. Vengo invece ai temi politici. Piaccia o meno, dicevamo, lei è l’unica figura di destra che si propone all’offerta politica bucando il video. Piaccia o meno, la strada che sta seguendo è l’unica praticabile per la destra oggi: distaccarsi da Berlusconi – come già fece quando fondò con Larussa, Rampelli e altri, Fratelli d’Italia – allearsi con Salvini postbossiano, agitare lo spauracchio di un’intesa coi grillini (utile solo come spauracchio) e prendere spunto e incoraggiamento da Marine LePen e dal trambusto di Trump alla Casa Bianca: non sarà il vostro protettore, ma è la spia di un gigantesco cambiamento. (Certo, è divertente pensare che la destra di oggi è filo-russa e filo-americana, anti-tedesca e anti-papista…Il mondo è capovolto).
La sua è la quinta forza politica italiana, a meno che la minoranza di sinistra riprenda la sua via fuori dal Pd e si riunisca in un partito. E tuttavia, cosa impedisce che venga riconosciuto un movimento, un partito, un’area di destra e non semplicemente un seguito del leader telepolitico, un “mi piace” del Giorgia fan club? E cosa impedisce che tutta la destra, quella per intenderci che votava Alleanza Nazionale, che era tre volte più grande di Fratelli d’Italia, quella che proviene in gran parte dal Msi, quella che ancora si ritrova nella Fondazione An, sia con lei?
Ecco la duplice domanda che ci poniamo, e non è una domanda polemica, avverto la permalosa Giorgia, perché è finalizzata al contrario, a vedere cosa fare per mutare una simpatia mediatica e personale in un’adesione politica e comunitaria. Lo diciamo da persone di destra quali siamo da una vita, destra senza sbandamenti né montiani né sinistresi o parafiniani, sostenitori di un’intesa con Berlusconi fino a che l’alleanza giovava alla causa della destra e poi non più. Destra di principi e di comportamenti, e non per ragioni elettorali o puramente opportunistiche (se il criterio fosse questo staremmo da altre parti).
Il problema è duplice: da una parte i maggiorenti della vecchia An, e anche una fetta cospicua del loro elettorato, non riconoscono in lei il leader, al più le riconoscono di essere una componente ma non il capo della destra in Italia. Molti elettori destrorsi si disperdono nel non voto, nel grillismo, a nord nella Lega, più di rado vanno con Berlusconi nel nome di un residuo legittimismo monarchico (in quanto ultimo re del centro-destra unito).
La recente nascita a destra e a Roma di un partito sovranista con Alemanno, Storace e l’ex finiano Menia, lo testimonia; anche se sovranismo è parola troppo astrusa ai più, ideologica, proprio mentre vorrebbe rivendicare un’impronta populista e popolare (ne parleremo quando si farà il loro congresso, in febbraio).
Ma dall’altra parte c’è una ragione più grossa, che anche lei confessa e avverte: la sua immagine in tv è percepita da molta gente come quella di un’efficace opinion leader, un’ospite tv agguerrita, una voce fuori dal coro, ma non come quella di leader di un movimento ed espressione politica di un’area, di un mondo, di una compagine. Infatti, oltre la sua faccia, i suoi comizi, la sua immagine tv, non ci sono punti di riferimento, non c’è un ambiente, un’Italia seppur in miniatura, una cittadella della cultura e dell’informazione a lei vicina, un laboratorio in cui si formano e si selezionano i giovani esponenti di domani, un ambito sociale e territoriale in cui si avverte la presenza di una “destra” o come meglio preferite definirla.
Il limite è che un’area, un mondo, un’opinione si riduca a lei in tv. E invece avete necessità di distinguervi dagli altri quattro totem politici che sono interamente o quasi concentrati sul loro capataz: Renzi, Grillo, Berlusconi o Salvini. Anche perché voi dovreste essere il Partito della Nazione e della Tradizione, il partito della Comunità e della Civiltà italiana ed euro-mediterranea, non il partito personale di nessuno. Quello vi darebbe forza, prestigio, legittimazione e vi distinguerebbe in modo essenziale dagli altri partiti a sola trazione televisiva.
Guiderà la destra di domani chi saprà spostare la battaglia dalla leadership personale e dalle comparsate in tv a una strategia di presenza, coinvolgimento e diffusione del proprio movimento e di rappresentanza sul piano delle idee. Forza Meloni, che non sia l’unica ma la prima della destra alla ribalta. Auguri per la manifestazione romana di sabato prossimo, aperta anche alla componente destra di Forza Italia e mi auguro a tutte le destre sparse. Che piazza san Silvestro sia un punto di partenza, non di arrivo. Le alleanze, se ci saranno, verranno dopo.
Intanto faccia crescere la creatura perché impari presto a camminare per conto suo. E non mi riferisco solo alla sua bambina.
di Marcello Veneziani
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