In un partito quando non si condividono le idee e quando non vi è spazio
per poter esprimere dissenso, l’unica opportunità è quella di percorrere una
strada alternativa anche per dignità e coerenza personale.
Emiliano si sarebbe
imposto come leader di un’area, in quanto avrebbe potuto incarnare l’animo
post-comunista, o meglio di sinistra, della Riva Gauche italiana. Il fisico e l’aspetto
di una “macchietta” che rimangono impressi nella mente del telespettatore, sarebbero stati accompagnati da una buona dialettica e da una schiettezza pronta e tagliente.
Emiliano era tutto questo, ma il passo indietro ha fatto
cadere l’opinione dello spettatore medio, come se fosse un castello di carte.
La scelta del Presidente pugliese è stata quella di preferire il confronto
aperto dentro al Partito Democratico contro il Segretario dimissionario, Matteo
Renzi, e contro il neo-candidato della minoranza rimasta nel Pd, Andrea
Orlando.
Il partito di governo procede con un confronto “farlocco”,
dove naturalmente a prevalere sarà l’ex Premier, che forte della sua popolarità
e della sua arroganza mediatica nelle fila della classe dirigente del partito
cercherà dopo la conferma di liquidare il Governo del “Mite” Gentiloni.
Renzi ha vinto? Sinceramente penso di no. Sembra che ad una
prima impressione l’ex Premier si sia liberato dei battaglieri oppositori del
partito, ma la partita dura novanta minuti ora siamo solo nei primi minuti dell’incontro.
Il regista del nuovo soggetto politico è un uomo certamente non simpatico, ma
dalle grandi capacità e capace di guardare lontano, Massimo D’Alema.
di U.G.
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