I Pilastri della civiltá, la Storia



Quanto spesso ci chiediamo a cosa serve la storia? Magari un ragazzo a scuola se lo chiede, rispondendosi semplicemente che è inutile, solo noiose pagine da imparare senza utilità pratica, e magari gli adulti non ci pensano proprio più, presi dalle mille contingenze della vita quotidiana, in cui non si adoperano certo le conoscenze storiche.
Forse potremmo dare ragione a quello studente, la storia non serve, non ti aiuta a trovare lavoro e a guadagnare di più, è soltanto un insieme formale di nozioni da ingoiare.
Però poi sorge qualche domanda: perché, ad esempio, l'ideologia mondialista odierna spinge nella direzione di togliere importanza alla storia? Perché, ad esempio, Orwell e Huxley, nei loro capolavori del genere distopico, indicano la storia come un nemico da combattere e da nascondere al popolo?
Eppure non è la storia soltanto formale conoscenza di determinati avvenimenti passati? O c'è di più? C'è molto di più, la conoscenza storica non è fine a se stessa, essa consente la formazione, certo tramite la conoscenza, di una coscienza, una coscienza storica, che sta alla base di ogni civilizzazione, che la distingue da tutte le altre, alla quale fornisce radici ed identità.
Ma torniamo un attimo all'ideologia mondialista o, se preferite, alla distopia di Orwell e Huxley: in questi tre mondi distopici (si considero l'ideologia mondialista una distopia, ovvero una negazione dell'utopia) la storia è mortificata, del tutto cancellata e dimenticata, o addirittura funzionalmente modificata e appannaggio di pochi, non esiste coscienza storica, il risultato è una società del tutto atomistica, senza coscienza collettiva e senza coscienza dei singoli individui di se stessi, ovvero senza coscienza di sé stessa, nella quale ogni sopruso è possibile, e il controllo dei pochi sulla vita dei molti è assoluto e infrangibile, come appunto avviene nei due classici della distopia, nella ricerca dell'ordine e della stabilità, l'uomo viene privato dei suoi valori propriamente umani, l'amore ad esempio, e la sua coscienza storica, appunto.
Coscienza storica che è anche seme della speranza, perché è proprio nella storia, in quell'ammasso di nozioni prestabilite, che invece si nota la capacità dell'uomo di rompere ogni schema, di ribaltare situazioni che anche analizzate nei dettagli possono sembrare impossibili, di vincere contro se stesso e di "essere la storia", linea e ciclo temporale non ineluttabile e predefinito, come qualcuno vuole inculcarci, ma dinamico e imprevedibile, proprio come la natura umana.
L'uomo nuovo dell'ideologia mondialista é proprio questo, sprovvisto di coscienza e di identità, albero senza radici, ma soprattutto anima senza speranza, condannato forse a non riuscire mai a sentire la realtà al di fuori della materialità.
L'uomo senza storia non conosce il suo passato, non può capire il suo presente e non può cambiare il suo futuro. Impariamo, quindi, la storia, non solo per sterile cultura, ma per fertilizzare la nostra umanità e la nostra speranza.

di Giuseppe E., da la "Fenice"

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