Probabilmente, in cuor suo, nemmeno Corbyn ci credeva. Tant’è, e sia detto senza offesa, che qui i fattori cosiddetti esogeni hanno contribuito non poco a questo ruggito della sinistra “old style”. In Gran Bretagna. Dove per altro gli epigoni dei grillini sono rimasti schiacciati e dove il Partito Nazionalista Scozzese – che una volta potevamo anche tentare di assimilare alla Lega, una volta però – ha subito un arretramento significativo. Perché diciamolo pure: se non ci fosse stata la Brexit con tutti i suoi annessi e connessi, in gran parte ancora da svelare; se non ci fosse stato un partito conservatore che in alcuni frangenti è apparso come una pallida copia di quel movimento liberale e liberista che fu, tanto da far preferire a molti britannici l’originale in un’ottica tassa&spendi; se non ci fosse stata – e mi si perdoni il cinismo - Manchester e Londra con la loro scia di paura e sangue, ebbene, se non ci fosse stata tutta questa convergenza di fattori i Labour, questi Labour, non sarebbero mai riusciti a raggiungere il traguardo dei 261 seggi. Del resto, in un Paese che sta alla tradizione liberale come Firenze al Rinascimento, osservare l’ascesa di un fautore convinto dello Statalismo Selvaggio non è affatto cosa da poco. Che poi è strano: accusano la May di abbracciare suggestioni protezionistiche e poi iniettano propellente elettorale alle ambizioni di un vecchio arnese della “working class”, la cui visione progettuale può essere benissimo condensata mediante qualche pillola di puro “regressismo”. Tipo: tassazione elevata, spesa pubblica finanziata in deficit, “welfare state” di vecchissimo conio, rafforzamento del potere centrale et similia. Il timore, in conclusione, è che il Regno Unito si sia avvitato su se stesso all’interno di una spirale fatta di contraddizioni, paradossi e amnesie dalle quali dovrà per forza uscire. Ma i tempi e le modalità sono incognite al momento troppo grandi per essere risolte nell’immediato “day after”.
di Luca Proietti Scorsoni
di Luca Proietti Scorsoni
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