LETTERA APERTA AD EMANUELE FIANO

Caro Emanuele Fiano,
pur non condividendo l'impronta oscurantista con la quale è stato modellato il disegno di legge che la vede come primo firmatario, le voglio scrivere ugualmente in quanto, nonostante tutto, la ritengo persona meritevole e degna di un tentativo di confronto, anche se il tutto dovesse consistere in un approccio dialogico poco più che sterile, ma tant'è. Vede, e glielo dico con il massimo rispetto, non mi risulta difficile comprendere il perché del suo astio nei confronti di una dimensione storica e politica che si concluse oltre 70 anni fa. La sua storia, quella della sua famiglia, il vissuto di un'intera generazione, sono state contraddistinte da stigmati che si conficcano nel profondo dell'anima e nello spirito dei tempi. E d'altronde non voglio attutire le colpe di coloro che si macchiarono di crimini atroci, tali da far sanguinare perfino la carne dell'Eterno, se mai esistesse la sua presenza nel divenire della Storia. Mi permetta però di sottoporre alcune osservazioni legate ad una forma che ben presta diviene essa stessa sostanza. Lei milita in un movimento che, in uno sforzo non sempre costante per la verità, vorrebbe fare proprie alcune istanze e taluni accenti del pensiero liberale. Ebbene, non le pare che un dato pensiero politico-culturale, se davvero accettato, debba fungere da spezia valoriale con la quale insaporire l'intero banchetto ideale di un movimento e non una pietanza alla volta? Ecco, appunto. Il suo intento punitivo nei confronti dell'innocuo, e a volte anche un po' patetico, nostalgico del tempo che fu invece ha un forte retrogusto reazionario oltreché un'inclinazione impregnata di ataviche paure. A tal proposito è esemplare la breve riflessione firmata dalla sagace penna di Mario Ajello sul Messaggero: "La cultura liberale è l'opposto dello Stato etico che stabilisce il bene e il male. Ma il liberalismo resta sempre l'anello mancante della storia d'Italia" . Già, anello mancante. Ad onor del vero, da liberale di destra, mi trovo costretto, mio malgrado, a condividere questo inciso anche per la mia fazione. E l'uscita, a dir poco scorretta, di Corsaro, che qualche libro di Einaudi e Vitiello l'avrà pur letto, è lì a confermarlo: sensibilità e competenza danno luogo ad una misticanza non sempre digeribile. Detto ciò mi consenta altresì di dissentire dalla sua personale graduatoria dell'antisemitismo nella quale colloca gli esponenti di un improbabile neofascismo ai primi posti. Vede, mentre lei pone l'accento su un pericolo rappresentato da paccottiglie enologiche e cianfrusaglie varie, che in maniera assai grottesca vorrebbero evocare una parentesi delle nostra storia patria un po' più complessa e articolata di quanto non dicano le semplificazioni da bar, accade che, nel momento in cui scrivo, i più ostici avversari del mondo ebraico siano i rappresentanti di uno spaccato politico col quale lei rischia addirittura di allearsi. Perché se dovesse concretizzarsi, Dio non voglia, una riproposizione dell'Unione prodiana, con voi riformisti a braccetto assieme ai massimalisti, ecco che, in una logica transitiva alquanto rigorosa, lei si troverebbe in casa gente capace di utilizzare il velo dell'antisionismo - come se già di per se questo fosse un peccato veniale - col fine di sottacere un antisemitismo carsico, ma particolarmente pregnante e viscerale, e alimentato dagli orrendi stereotipi di sempre. Sarò più chiaro: i centri sociali, Fiano, gli intellettuali che scrivono nei giornali del mainstream, ovvero quelli progressisti, tutti i suoi colleghi politici e politicanti che esibiscono odio e sgomento da ogni poro il 25 aprile quando la Brigata Ebraica "prova" solamente a sfilare per le vie di qualunque città italiana. I veri e subdoli nemici sono quelli che magari la sostengono nello sbattere dentro un povero cristo per aver sorseggiato un San Giovese in etichetta (nera) e poi trovano le scuse più disgustose per giustificare, o magari proprio per spalleggiare, un Cesare Battisti reo di quattro omicidi e, ciononostante, gaudente sulle spiagge di Rio; i reali nemici del popolo ebraico sono coloro che vedono la storia a senso unico e con indosso solamente una kefiah, e non di certo una kippah, e che parlano di "genocidio" del popolo palestinese ma non dicono nulla del carnaio a cielo aperto presente in Venezuela; i veri nemici non si annidano tra le botteghe di Predappio ma all'interno degli uffici dell'UNESCO dove si dichiara Hebron sito "palestinese" patrimonio dell'umanità; i veri nemici sono coloro che disconoscono le radici giudaico-cristiane della nostra Europa al solo scopo di esaltare un laicismo di maniera nel quale diluire le nostre identità: la mia e la sua, Fiano; i veri nemici è più probabile che leggano il Corano piuttosto che le opere di Evola o Pound. Il vero, autentico, nemico è una legge come la sua perché dimostra come si possa avere timore di due magliette e qualche busto e, nel mentre, distogliere lo sguardo da fenomeni di ostilità sociale e politica ben più gravi e pericolose.
Cordialmente.

di Luca Proietti Scorsoni

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