Queste elezioni strampalate

Stiamo vivendo un breve fase di campagna elettorale, nella quale più o meno tutti i commentatori evidenziano le stranezze e le unicità rispetto alle precedenti maratone elettorali.

Le differenze tra gli attori in campo sono molte c’è chi urla e chi cerca di tenere bassi i toni, c’è chi sbraita e chi tiene un contegno, c’è perfino chi canta e chi balla, l’unica cosa che li accomuna è la quantità di promesse che raccontano a noi elettori, che, come fessi, speriamo nel cambiamento.

M5S. Voglio iniziare con loro, che si professano il “cambiamento”, ma sembrano la rappresentazione della massima di Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”. Prima erano guidati dal comico dalla verve pazzoide, oggi hanno investito il “Signor Congiuntivo”, anche noto con il nome di Luigi Di Maio, che dispensa insegnamenti a giovani e meno giovani, non avendo mai amministrato neanche il condominio di casa sua. Presunzione, arroganza senza diritto.

PD. Renzi è allo sbando, ma continua imperterrito con i suoi come una Ferrari fiammante che continua ad accelerare non vedendo di fronte a se un muro di cemento armato. Sembra che stia indossando i paraocchi l’ex Sindaco di Firenze insieme ai suoi fedeli. L’unico merito, come riconosce sempre Berlusconi, è che Matteo Renzi ha rotto i ponti con la sinistra post-comunista, acquistando una veste socialdemocratica. Come disse De Mita su Renzi: “Credo che sia irrecuperabile, perché ha una tale consapevolezza di sé, che non vede limiti alla sua arroganza”.

FI. Forza Italia è un veliero che ha ritrovato il suo comandante, benché la corte di Strasburgo non si sia ancora espressa. I limiti rispetto al passato sono molti sia elettorali sia politici. Berlusconi ha adottato una doppia faccia, quella rassicurante per le cancellerie europee e quella più nazionalpopolare sul suolo italiano. Berlusconi un Giano bifronte, come sempre.

FDI. Ha un solo grande limite, non cresce e non cala, ma c’è. Giorgia Meloni è elettoralmente determinante per la vittoria del centrodestra e ha messo in sicurezza la fiamma della Destra Nazionale. Viene osteggiata da molti a destra, perché non piega la testa di fronte a nessuno e ormai è una leader affermata e riconosciuta. Si è fatta da sola e non molla mai. Coerenza, convinzione, amor patrio e tanto cuore accompagnato da comunicatività notevole e da una testa brillante. Il suo limite per l’elettorato? Essere Donna.

LN. Si chiama Lega Nord per l’Indipendenza della Padania, ma il segretario federale, Salvini, cancella parte della storia e passa dalla visione regionalista a un nazionalismo delle specificità territoriali. Salvini guadagna consenso, riuscendo a interpretare con astuzia il sentimento del popolo. Non convince tutti, ma è un leader. Salvini ha molti limiti, essendo pur sempre umano. La Lega? Rischia nei prossimi anni una parabola discendete, perché ha tagliato i ponti con la tradizione.

LeU. Liberi e Uguali un nome che dice tutto e niente allo stesso momento. La Sinistra per sopravvivere e per far perdere Renzi ha avuto bisogno di Massimo D’Alema, unico dominus ex machina. La presenza di Grasso è solo testimonianza, infatti dopo le elezioni il suo ruolo verrà assunto probabilmente da un comunista più convinto come Luigi De Magistris. D’Alema è vivo e comanda, Grasso barcolla.

NCI. Sono democristiani, loro sono sempre presenti e rispolverano sempre lo scudo crociato della Prima Repubblica. Cambiano nome, ma sono sempre loro senza PierFerdy, che ha preferito Renzi a Berlusconi. Alcuni hanno appoggiato Renzi, altri, come Fitto, lo hanno osteggiato. Questo partito come sempre è determinante per vincere. In un paese che è stato per cinquant’anni democristiano, c’è sempre posto per una pattuglia di democratici-cristiani.


+E. La signora Bonino è presente anche in questa tornata elettorale e forse è l’unico punto di forza nel centrosinistra oltre il PD. Schiava della lobby e del finanziere Soros, la signora Bonino si presenta alle elezioni, dalle quali potrà trarre un modesto risultato proporzionato alla forza elettorale della sua formazione. L’assenza di Pannella si fa sentire, visto che il vero leader dei radicali era lui. Pannella non avrebbe mai accettato un’alleanza con Renzi, che avrebbe classificato con una battuta tagliente e non affettuosa. 

di U.G.

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